Enzo Ferrari, 67 anni, è stato l'unico allenatore di Zico in Italia, all'Udinese dall'83 all'85, e il primo a espatriare, al Real Saragozza. Con la squadra spagnola fu il primo italiano a vincere al Santiago Bernabeu, da calciatore segnò un gol dalla propria trequarti, 41 anni fa, in Roma-Palermo. Oggi è passato dalle panche alla scrivania: è amministratore delegato della Triestina.
Ferrari è anche il nome di uno spumante e quando allenò la Reggiana, nel '95, sua ultima panchina di serie A, i tifosi ironizzavano, aspettando la retrocessione: «La squadra sa di tappo...».
«La conoscenza del vino non significa bere per dimenticare. Alle mie spalle c'è l'azienda Fantinel, che commercializza questo prodotto della terra che affascina grandi personaggi del calcio: Nicolò Carosio, Nereo Rocco. Fra i giornalisti Gianni Mura, Gigi Garanzini. Quest'ironia mi ha sempre sfiorato, non ho mai risposto».
È sommelier, fra l'altro.
«Esatto. Qualche serata allegra, qualche vittoria festeggiata, il vino non è mai stato una dipendenza. E in Friuli Venezia Giulia è lo strumento per avvicinare, per parlare».
Parliamo del campionato. Il Lecce è lanciato verso il ritorno in A, un quarto di secolo fa lei fu vicino a quella panchina.
«Di recente è morto l'ex ds Mimmo Cataldo. Ero alla Triestina, non volli abbandonare il presidente De Riù, uno dei più grandi con cui ho lavorato, nonostante le penalizzazioni distribuite su tre campionati».
I giallorossi chiuderanno al comando?
«Sì, perché non ci sono sparring partner all'altezza. Questa B è più povera della Cgil, occorrono aiuti per la sopravvivenza, riforme in vista non se ne vedono. Chi scende ha sempre la priorità per risalire: due su tre ce la fanno, la Reggina ha fallito in maniera eclatante. Il divario è immenso sul piano finanziario fra le due categorie, chi viene giù ha qualche soldino in più da spendere, è come se avessero blindato il massimo campionato».
Il bello del calcio sarebbe la prima volta in A di Sassuolo, Grosseto e Cittadella.
«Difficile che ci sia una sorpresa. Solo un pazzo ora investe nel calcio, meditiamo su questa situazione. Troppe società vivono crolli finanziari, non so se tutte finiranno la stagione».
Nonostante qualche milione da Sky?
«Una carità. E in cambio si gioca il venerdì, il lunedì, il sabato, la domenica e persino il martedì».
Il Cesena è secondo, nel '91 l'ultima serie A, il presidente Lugaresi licenziò Lippi e fu retrocessione.
«È una delle candidate a salire. Bisoli è un allenatore emergente, ha abbinato vecchi e giovani. In Romagna non ci sono grandi pressioni e per 15 anni vissero grande calcio».
Il Sassuolo si arrende sul più bello, come un anno fa?
«Il suo exploit è frutto di una crescita giudiziosa. Il ds Giovanni Rossi in 4 anni ha portato la squadra dalla C2 alla lotta per la A».
Il Toro è a due punti dai bianconeri e a uno dai neroverdi, nonostante le 10 sconfitte.
«È una corazzata che si era persa per gli oceani. A Torino la pressione è elevata, qualche giocatore non la regge. Se Colantuono non fosse stato licenziato, probabilmente sarebbe con 5 punti davanti a tutte. È tornato, ha inseguito: mancano 10 giornate, ce la può fare senza playoff».
Poi c'è il Grosseto, il presidente Camilli ha licenziato Gustinetti perché, come la squadra, si riteneva sottopagato.
«Peccato perché i biancorossi prendono e fanno caterve di gol, hanno portato aria nuova nella categoria. Mai lamentarsi pubblicamente. Quando uno sportivo firma il contratto dev'essere contento, mica accetta per fame».
Lei quanto prende?
«Come ad il discorso è diverso, io sono in società con la famiglia Fantinel da molto tempo, ci conoscemmo nel '76».
In serie A hanno la sua qualifica solo due uomini di calcio: Marotta (Sampdoria) e Leonardi (Parma), gli altri sono proprietari o manager...
«Alla Triestina il ds è Totò De Falco, il mercato si fa insieme anche al presidente Stefano Fantinel. Abbiamo una struttura agile, non siamo in tanti, quando sbagliamo».
Ad esempio, alla voce allenatore: tre, in questa stagione.
«Abbiamo sempre difeso Maran, nel biennio precedente. In estate avevamo scelto bene, Ventura, poi salito in A al Bari. Ero molto convinto delle qualità di Gotti, è stato sfortunato. Prima di prendere Somma avevamo parlato con Mandorlini e Ulivieri, rimasto a casa anche per un discorso politico».
Lui di sinistra, di fronte alla curva più a destra del campionato.
«Esatto. Parlando emerse anche questo discorso, rinunciando sospirò. Somma fece 7 partite buone poi si incartò su stesso. Con Arrigoni ci siamo ripresi, a parte la sconfitta di Lecce».
Contro un Gallipoli sempre più malmesso.
«Il presidente D'Odorico è di Buia, paesino sopra Udine, dove abito io. È un goliardone, va bene avere fame di calcio ma se uno non ha i mezzi economici...
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