Gli orrori che non vogliamo ricordare

Ogni tanto il passato torna a bussa­re al presente e ci chiede o ci dà spiegazioni. Magari sul filo di un libro

Ogni tanto il passato torna a bussa­re al presente e ci chiede o ci dà spiegazioni. Magari sul filo di un libro.

Lo sbarco in Sicilia in combutta con la mafia, i bombardamenti sulle città e le popolazioni, ospedali per bambini inclusi, lo stupro di migliaia di donne da parte dei soldati marocchini, le stra­gi e i crimini, i campi di internamento tra sevizie e umiliazioni. Nella Libera­zione d'Italia si deve raccontare an­che questa pagina infame degli alleati nel Sud. Il bene della libertà e la scon­fitta del mostro nazista non possono cancellare gli orrori compiuti dai libe­ratori.

A Sud non c’era la Repubblica sociale, non c’erano le ferocie naziste e nemme­no i triangoli rossi partigiani, con relati­vo spargimento del sangue dei vinti. An­cora una volta, a raccontarci la verità non è uno storico di professione, anzi già me li vedo con che sussiego gli acca­demici tromboni schiferanno il suo li­bro: ma è un giornalista, un Pansa del Sud o un Malaparte d’oggi,Gigi Di Fiore, che si occupa da anni di controstoria del Meridione.

Questa volta c’è pure la dolorosa me­moria famigliare di una zia, Nannina, che non si sposò perché fu stuprata a se­dici anni da un soldato marocchino.

La sua Controstoria della liberazione (edita da Rizzoli) è un libro coraggioso e vero.

I negazionisti e i dimenticazio­nisti di questi crimini sono tanti, an­che ai vertici di istituzioni e accade­mie. La storia non è un film in bianco e nero; c’è tanto grigio, tante macchie bianche in campo nero e tante mac­chie nere in campo bianco.

E sangue, da tutte le parti.

 

 

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