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Orso, lontra, aquila e stambecco: sono più di venti le specie a rischio in Italia

L'elenco è compilato dal Wwf Italia che chiede interventi urgenti in occasione della Conferenza nazionale per la Biodiversità. In Europa il 16,6 per cento dei posti di lavoro dipende direttamente o indirettamente dai sistemi naturali.

L'orso bruno e la lontra, l'aquila e la tartaruga, il delfino e lo stambecco, il lupo e la focamonaca. Sono 23 le specie " a rischio" in Italia. L'elenco è compilato dal Wwf Italia che chiede interventi urgenti in occasione della Conferenza nazionale per la Biodiversità. L'associazione ricorda che l'Italia è il Paese europeo più ricco di biodiversità con 57.468 specie animali e 12.000 specie floristiche. Ora però sono da considerare a rischio il 68 per cento dei vertebrati terrestri, il 66 degliuccelli, il 64 dei mammiferi e l'88 dei pesci di acqua dolce.
Ecco allora la lista rossa del Wwf sulle specie del nostro Paese.Meno di 90 sono gli esemplari di orso bruno sparsi in giro per la penisola (30-35 sulle Alpi, meno di 55 sugli Appennini). Nel centro-sud la lontra raggiunge a stento i 220-260, mentre in Sicilia dell'aquila del Bonelli se ne contano tra le 12 e le 15 coppie. Il piccolo avvoltoio capo vaccaio perlustra i cieli con 10 coppie, mentre del lanario è presente in Italia la più importante popolazione europea, poche centinaia di coppie, tra Toscana e Emilia meridionale fino alla Sicilia. I cambiamenti climatici minacciano le 5.000-9.000coppie di pernice bianca, e per la gallina prataiola (una parente delle gru) si contano 1.500-2.000 esemplari soltanto in Sardegna e Puglia.
Eppure, fa notare il Wwf, «in Europa il 16,6 per cento dei posti di lavoro dipende direttamente o indirettamente dai sistemi naturali, ma il budget europeo direttamente dedicato alla conservazione della natura è appena lo 0,1».
L'Europa, denuncia ancora il Wwf, «da sola consuma risorse equivalenti a oltre due pianeti» nascondendo «il proprio debito dietro le risorse naturali, come legno, pescato, prodotti agricoli e alto utilizzo dell'acqua che le vengono fornite dai Paesi che ne sono ricchi». La perdita di biodiversità, rileva il Wwf, costa in termini di sostenibilità ambientale e economica. Sempre secondo l'associazione ambientalista nel 2050 la distruzione della biodiversità terrestre potrebbe costare all'Europa circa 1.100 miliardi di euro l'anno, ovvero il 4 per cento del Pil europeo.
All'interno di un decalogo di «elementi irrinunciabili», il Wwf sottolinea la necessità di politiche per includere la biodiversità anche per le periferie delle nostre città superando «il principio che la biodiversità si tutela solo nelle aree di pregio».

L'auspicio è che nel 2010, conclude il Wwf, si possa «investire in natura» e che venga adottato «uno strumento finanziario per assicurare specifiche risorse» per la Biodiversità, magari l'istituzione, nella prossima legge Finanziaria 2011, di «un fondo presso il ministero dell'Ambiente».

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