Cè il dolore del corpo che, ammette Silvio Berlusconi appena arrivato al San Raffaele, «è forte» e «fa male». Ma cè anche lo choc e la delusione per un gesto che va oltre ogni immaginazione. La dimostrazione, spiega il premier appena terminati i primi esami, che «il clima di odio che hanno voluto creare nei miei confronti può portare anche a conseguenze estreme». Ed è forse questo che colpisce più di tutto il Cavaliere, amareggiato e scosso per essere diventato il bersaglio di «tanta violenza cieca». Al punto da voler restare solo, chiedendo agli amici e ai collaboratori che si sono precipitati in ospedale di farsi da parte. «Dite a tutti che sto bene, ma ora lasciatemi da solo», li congeda Berlusconi prima di altri esami.
Cè tempo solo per la telefonata di Giorgio Napolitano, tempestiva nei tempi e cordiale nei contenuti. Con il presidente della Repubblica che si rammarica per laccaduto e gli augura una pronta guarigione. Parole che il Cavaliere apprezza, per la spontaneità e perché arrivano in un momento in cui i rapporti tra il Colle e Palazzo Chigi sono forse al minimo storico. E anche la nota ufficiale del Quirinale è una netta condanna del «grave e inconsulto gesto di aggressione» con linvito a «prevenire e stroncare ogni impulso e spirale di violenza». Con Gianfranco Fini, invece, nessun contatto diretto.
Passano i minuti e al San Raffaele arrivano anche il fratello Paolo e i figli Marina, Pier Silvio, Barbara ed Eleonora. A chi ha occasione di parlargli Berlusconi non nasconde la sua delusione per laccaduto alternando momenti di scoraggiamento ad altri di irritazione. «Sono un miracolato - dice a Emilio Fede - perché se mi avesse colpito pochi centimetri più su avrei perso locchio». «Tutta colpa del clima di odio» e di «gente come Di Pietro», ripete a più di un interlocutore. Sarà una coincidenza ma ne aveva parlato proprio prima del comizio in piazza San Babila con Paolo Bonaiuti. «Ti ricordi cosa ti avevo detto in macchina?», gli chiede il premier tra un esame e laltro. «Venendo da Arcore - racconta il sottosegretario alla presidenza del Consiglio - si era lamentato del clima di odio di questi giorni augurandosi che non succedesse nulla. Purtroppo è stato buon profeta».
Ed è proprio in quella macchina che Berlusconi si ritrova poche ore dopo con la camicia «inzuppata di sangue». Se allandata con lui cera Bonaiuti al ritorno chi gli sta accanto è Alberto Zangrillo, primario del reparto di anestesia e rianimazione del San Raffaele nonché suo medico di fiducia. È lui a prestare il primo soccorso e a tranquillizzare il Cavaliere nonostante la gran quantità di sangue che, spiega, «in casi di ferite al volto è una cosa molto frequente». La Tac evidenzia una piccola frattura al naso oltre a una ferita interna ed esterna che richiede alcuni punti di sutura al labbro superiore e la frattura di due denti incisivi. Di qui la decisione di disporre 20 giorni di prognosi e trattenere Berlusconi in ospedale «in via cautelativa».
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