Si svuotano le sale d’attesa dei pronto soccorso e si riempiono quelle degli ambulatori gestiti da medici volontari. È questa la prima conseguenza dell’approvazione in Senato del disegno di legge che elimina il divieto per i camici bianchi di denunciare i pazienti irregolari. «Da giovedì scorso abbiamo registrato un boom di visite», spiega Pietro Massarotto, presidente del Naga, l’ambulatorio di via Zamenhof che offre un servizio di medicina di base per gli irregolari che arrivano a Milano. Il fenomeno in cifre: «Se a gennaio di media abbiamo avuto 70 pazienti al giorno, ora ne contiamo 83, se non di più». Da sud a nord della città, la situazione non cambia: «ora ci aspettiamo un iperafflusso - racconta suor Annamaria del centro Opera San Francesco - gli immigrati hanno fiducia in noi quindi continueranno a venire, senza avere paura. Ma c’è un problema: di fronte a certe patologie è necessario il ricovero in un ospedale vero».
In via Nino Bixio sono novanta su cento gli irregolari, «circa un centinaio al giorno ma registriamo anche picchi di 200 per un totale di 115 nazionalità». Il disegno di legge per diventare norma deve ancora superare l’esame della Camera, ma la paura tra gli immigrati si è diffusa in fretta, anzi, in anticipo. «Da circa tre mesi abbiamo registrato un calo del 20 per cento della richiesta di aiuto - spiega Basilio Tiso, direttore sanitario della Mangiagalli - e questo perché le voci sul disegno di legge iniziavano a farsi sempre più insistenti». In via della Commenda diminuiscono le clandestine che chiedono piccole prestazioni come visite ambulatoriali ed esami, di contro «aumenta il numero di quelle che prima di venire in ospedale aspettano l’ultimo momento, quando ormai la patologia è grave e questo è un segnale molto preoccupante, per la salute degli immigrati ma anche per quella di tutti i cittadini». Stabili invece, le cifre che riguardano le future madri (100 parti di irregolari nel 2008 ndr), «perché una volta incinta, queste donne possono godere di un permesso di soggiorno fino al sesto mese di vita del bambino e quindi non sono spaventate dal disegno di legge». La preoccupazione di Tiso piuttosto, va alle clandestine che vogliono interrompere la gravidanza, «e che ora per paura potrebbero preferire un aborto fai da te rispetto all’interruzione che facciamo in ospedale». Lo stesso timore arriva da Mauro Buscaglia, da dieci anni direttore del centro Aiuto e ascolto per donne immigrate del San Carlo, che ammette: «è come se la paura tra le irregolari avesse cominciato a diffondersi già da tempo». Il campanello d’allarme? «Da un po’ di mesi ci siamo accorti che sta crescendo il numero degli aborti in casa, indotti con l’assunzione di dosi massicce di misoprostolo, un comune farmaco per l’ulcera che i medici prescrivono facilmente».
«Dottore perché ci volete denunciare?». «Di lei possiamo fidarci ancora?». Luigi Codecasa, responsabile del centro per la tubercolosi di viale Zara che fa capo al Niguarda, negli ultimi giorni si è sentito ripetere spesso queste domande. «In molti mi hanno chiesto informazioni e più di uno ha ammesso che ha pensato a lungo se venire o no, perché aveva paura di essere denunciato».
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