Roma - Michele Santoro lo perdonano. Il suo Servizio pubblico va in onda su reti private e quindi «in casa sua» può fare quello che vuole, Fabio Fazio invece no. Lui lavora in Rai, dovrebbe garantire servizio pubblico in senso proprio, ma non ci si avvicina nemmeno un po’. Secondo la Cisl Che tempo che fa, applica una esclusione «scientifica e reiterata» dei sindacati che non hanno sede in Corso d’Italia. Si parla di politica economica? Arriva il leader della Cgil Susanna Camusso (e prima di lei Guglielmo Epifani). Il tema è la Fiat? Per il conduttore genovese non c’è che la Fiom-Cgil di Maurizio Landini. Si torna a parlare di economia? Rispunta il segretario generale della Cgil.
Una tassa fissa, tipo Celentano a Sanremo. Con la differenza che il Molleggiato divide il palco con altri, mentre la Cgil ha l’esclusiva: gli altri sindacati da Fazio non hanno mai messo piede. «Ignorano le posizioni di altri soggetti sociali che sul piano della rappresentatività sono quantomeno pari ed in molti settori superiori alla Cgil. Si tratta di un uso privatistico del servizio pubblico sul quale la direzione della Rai, i consigli di amministrazione e di sorveglianza dovrebbero fornire una risposta», protesta il secondo sindacato del Paese.
Sembra una bega condominiale, ma è qualcosa di più grave e le conseguenze non sono prevedibili. Di certo sta maturando un «caso Rai» per i sindacati. Il malcontento da Fazio si allarga ad altre trasmissioni meno sospette di partigianeria, ad esempio Ballarò. E tra le confederazioni escluse si comincia a parlare di iniziative ad hoc. Segnalazioni alla commissione di Vigilanza. Manifestazioni e persino di «decisioni clamorose sul canone». Magari uno sciopero.
Contro il conduttore più amato dalla sinistra (o almeno da quella che preferisce toni lievi e democratici alle accettate di Santoro o Formigli) la Cisl ha usato parole durissime. «È emblematico che il signor Fabio Fazio sia il più pagato ed il più settario tra tutti i conduttori televisivi. Che cosa risponde la Rai?», si legge in un tweet della segreteria generale arrivato quando né Fazio né l’azienda hanno risposto alle prime sollecitazioni.
Gli unici a rispondere sono stati quelli della Cgil, in difesa di Che tempo che fa. «La trasmissione - per Augustin Breda - è tra le più pluraliste mai fatte dalla Rai, più pluralista dei programmi di Vespa e del Tg1, sui quali la Cisl non ha mai avuto da ridire per l’esclusione degli altri soggetti». La controreplica non è arrivata dalla Cisl, ma direttamente da Bruno Vespa, che ha rivelato: la leader della Cgil, Susanna Camusso, è stata più volte invitata, «ma gli inviti sono stati respinti. C’è un limite anche all’impudenza». La scintilla che ha fatto infuriare la Cisl è la partecipazione di Camusso alla puntata di Che tempo che fa di ieri. L’ultima di una lunga serie, peraltro a spiegare una trattativa che vede la Cgil un po’ defilata. Un po’ come successe quando sulla Fiat Fazio invitò il segretario delle tute blu della Cgil, che rappresentava una posizione di minoranza.
A Che tempo che fa, in realtà, il segretario generale della Cgil non ha detto niente di nuovo e poco di diverso rispetto alle altre confederazioni. No alla cancellazione dell’articolo 18 e della cassa integrazione straordinaria. Poi, l’intesa entro fine marzo, cioè entro la scadenza che si è data il governo, è prematura. «Dire che siamo vicini è un po’ presto».
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