Economia

«Ottima notizia ma per un pessimo motivo»

Si conclude in discesa la parabola dell’inflazione nel 2008: dicembre segna una diminuzione dello 0,1% rispetto al mese precedente, mentre su base tendenziale - cioè rispetto al dicembre 2007 - la crescita è del 2,2% (contro il 2,7% di novembre), confermando l’andamento al ribasso partito già da qualche mese, dopo i picchi dell’estate scorsa. Un’inversione di tendenza dopo le forti impennate che hanno portato la media dei dodici mesi al 3,3% (contro l’1,8% del 2007), il valore più alto dal 1996. Fiammate e raffreddamento che hanno un solo responsabile, o quasi: il petrolio. I prezzi al consumo hanno seguito quelli internazionali del greggio, che dai 150 dollari di luglio, quando l’inflazione era al 4,1%, sono scesi il mese scorso sotto i 40 dollari al barile, influenzati dai venti di crisi, sempre più forti, sull’economia globale.
E a dicembre i prezzi di benzina e gasolio hanno segnato cali, rispettivamente, del 16,3% e del 12,7%. Rallenta anche la corsa dei generi alimentari, pane e pasta in primis: la pasta di semola di grano duro ha registrato un incremento del 28,2% contro il 29,8% di novembre, e i prezzi sono diminuiti dello 0,2% in un mese. Rispetto a novembre i prezzi del pane sono invece scesi dello 0,1%, con un incremento su dicembre 2007 del 3,4% contro quello del 4,1% registrato a novembre. Ma commercianti, sindacati e consumatori avvertono: il rallentamento è causato in buon parte dal calo della domanda dovuta alla crisi.
Il calo dei prezzi, infatti, riguarda tutta l’Europa: in Spagna l’inflazione è all’1,5%, il livello più basso da oltre dieci anni, e da alcune regioni della Germania arrivano stime che indicano una crescita addirittura inferiore. Oggi verrà rilasciato il dato preliminare sull’andamento dei prezzi al consumo nell’Eurozona: le previsioni parlano di una crescita dell’1,8%, quindi inferiore al limite del 2% fissato come obiettivo dalla Banca centrale europea. Un valore che, se confermato, aprirebbe la porta a un nuovo taglio dei tassi da parte della Bce, che attualmente si attestano al 2,5%, un valore ancora decisamente superiore allo 0,25% applicato negli Stati Uniti. La decisione dell’Eurotower è attesa per giovedì prossimo, ma già domenica scorsa il vice presidente Lucas Papademos, intervenendo a San Francisco, ha ribadito come «un allentamento della politica monetaria potrebbe essere necessario per mantenere l’inflazione a livelli vicini al 2% nel medio termine». La «sforbiciata» potrebbe essere facilitata anche dal costante calo dell’Euribor, il tasso a cui le banche si prestano reciprocamente il denaro, che è sceso ieri al 2,82%, il livello più basso dall’aprile del 2006. E una decisione in questo senso incontrerebbe sicuramente il favore del mondo politico, governo italiano compreso. Il ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola, ha infatti sottolineato come, dopo il dato positivo di ieri, «bisogna accentuare gli sforzi per arginare la recessione e sostenere la crescita economica e l’occupazione: il calo dell’inflazione in tutta Europa pone da questo punto di vista le premesse per una nuova significativa riduzione dei tassi d’interesse».

Ma altri Paesi europei, Francia in testa, già dal giorno successivo all’ultimo taglio di 75 punti base da parte della Bce il 4 dicembre scorso, hanno auspicato un nuovo intervento ribassista da parte dell’Eurotower per rilanziare l’economia in panne.

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