Pacifico, primo ospite dell’altro Sanremo

Pacifico, primo ospite dell’altro Sanremo

(...) Intendiamoci, non ha deluso per la canzone, che era un capolavoro che lasciava i segni sulla pelle, di lacrime e di sangue. Ha deluso perchè era talmente emozionato da non riuscire a cantare. L’uomo giusto al posto sbagliato.
Invece, l’habitat ideale di Pacifico è l’altro Festival, il nostro. Perchè, di fatto, la sua carta d’identità musicale, che annunciava nella canzone d’esordio («Gino, papà napoletano, un quarto brasiliano, Pacifico, Milano»), va assolutamente aggiornata, con un riferimento alla Liguria. Perchè, di fatto, Dolci frutti tropicali, lo straordinario terzo album di Gino, ha la sua anima più vera in Liguria. Anche se, come avete potuto vedere in prima pagina, il quadro onirico di Tanino Liberatore, uno dei più grandi disegnatori italiani, non raffigura propriamente le nostre riviere.
Eppure, Dolci frutti tropicali è ligure, ligurissimo. In parte perchè i collaboratori che firmano il disco escono dalla squadra che ha accompagnato Fabrizio De Andrè, da Piero Milesi che dirige gli archi ad Adele Di Palma che, con la sua Cose di musica, cura con amore artigianale i tour di Gino, così come curava quelli di Faber.
In parte perchè, materialmente, molte canzoni sono nate l’inverno scorso sulle nostre coste. A Lerici, Bonassola, Levanto. Deiva Marina, soprattutto. Lo racconta lo stesso Pacifico: «Nell’ottobre del 2004 - con la botta di Sanremo ancora calda - ho riempito la mia macchina di strumenti, il cane sul sedile anteriore e mi sono trasferito per sette-otto mesi in diverse località balneari. Nel senso del mare d’inverno. C’era tanta Liguria: abitazioni con l’aria trascurata e in disuso delle case di mare durante i mesi invernali, circondate da piccoli giardini aggrovigliati e arruffati in cui svettavano palme enormi.

Piccole città e quartieri, luoghi sospesi, in attesa, con le piante che aspettano di arrossarsi, l’acqua ghiacciata lungo i tubi delle docce degli stabilimenti balneari, case e ringhiere scrostate, tutto umido e arrugginito. E ci sono spesso binari e piccole stazioni; e cielo aperto e molti aeroplani; e pinete, e animali nascosti; molta pioggia e nessuno per strada...». Il mare d’inverno, la Liguria.

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