da Roma
Tagliare l’Irpef adesso non si può, parola di Tps. Giovedì scorso, racconta la Repubblica, il ministro dell’Economia ha incontrato Romano Prodi, reduce dalla conferenza stampa di fine anno a villa Madama - gravida di promesse, fra cui la riduzione delle tasse sul lavoro dipendente - e gli ha detto: «Non possiamo impegnarci in una manovra che abbatte in modo strutturale la tassazione sui salari fino a 40mila euro. Non sono d’accordo sul come, sul quanto e sul quando». Se ne riparlerà nel 2010, quando sarà raggiunto il pareggio di bilancio, non prima.
Prodi, già pronto per le vacanze di fine anno in montagna, ha abbozzato. Per addolcire la pillola, Padoa-Schioppa gli ha concesso al massimo una una tantum a sostegno dei salari, ma solo in giugno, una volta conosciuti gli andamenti della finanza pubblica con la Relazione trimestrale di cassa. Tps sa perfettamente che il 2008 non porterà altri «tesoretti» fiscali, ma al contrario incominceranno a farsi sentire sul fronte della spesa pubblica gli effetti perversi della Finanziaria appena approvata. Inoltre, la crescita economica sarà nettamente inferiore a quella del 2007, e questa tendenza avrà un effetto negativo sia sul fronte delle entrate che - dal punto di vista strettamente statistico - sul rapporto tra deficit e pil. I margini di manovra sono strettissimi, quasi inesistenti.
L’ennesima promessa impossibile da mantenere, quella di sgravi fiscali strutturali sulle buste paga. «Non si può varare una Finanziaria a dicembre e fare, subito dopo, una nota di variazione al bilancio - ha spiegato Tps al Professore -: e su quali basi la facciamo? Non abbiamo neppure i dati definitivi del 2007». Frasi che pesano come un macigno sulla cosiddetta «verifica» di gennaio. I sindacati, sulla questione del potere d’acquisto dei salari eroso da una valanga di aumenti - dalla benzina alla luce, dal gas agli alimentari - difficilmente saranno in grado di fare sconti al governo. Allora, come sempre accade quando sul piatto non c’è un soldo, si gioca la carta del «Grande Patto Sociale»: i sindacati concedono modifiche al modello contrattuale, le imprese rinnovano i contratti (sono ancora 6 milioni e 300mila i lavoratori dipendenti ancora in attesa), e il governo ci mette l’una tantum. Confindustria è pronta a trattare, ma Cgil, Cisl e Uil rischiano il consenso della base.
Su questo piano pesa anche l’incognita Rifondazione, che punta la verifica sulla questione salariale. Paolo Ferrero ha già fatto sapere che «bisogna assolutamente agire sulla leva fiscale per dare una mano ai contratti, a cominciare da quello dei metalmeccanici». Il ministro della Solidarietà sociale prende per buone le promesse del premier: «Prodi ha detto cose chiare, non posso immaginare che qualcuno si opponga». Ma è chiaro che per molti si apre un periodo di delusioni.
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