Padoa-Schioppa vuole 10 miliardi (e i fannulloni)

Padoa-Schioppa vuole 10 miliardi (e i fannulloni)

da Roma

Basta parlare di fannulloni nel pubblico impiego, intima Tommaso Padoa-Schioppa al presidente della Confindustria, Luca di Montezemolo, che ha denunciato: l’assenteismo nell’amministrazione pubblica ci costa un punto di Pil, più di 14 miliardi di euro. Forse punto sul vivo - dato che Montezemolo ha citato, fra gli esempi peggiori d’assenteismo, proprio il ministero dell’Economia - Padoa-Schioppa sostiene che ci sono amministrazioni che rappresentano «vere e proprie punte di eccellenza».
Tuttavia il ministro dell’Economia deve, per lo meno, ammettere che occorre «porre un freno alla dinamica del monte retribuzioni pubbliche» rivedendo il sistema di contrattazione, premiando il merito, incentivando la mobilità e la riqualificazione del personale per aumentare la produttività del settore pubblico. «Dei fannulloni, che pure esistono - dice Tps - si è parlato anche troppo. Non si è parlato abbastanza di uffici e amministrazioni che sono pletorici in sé, a prescindere dall’applicazione al lavoro di chi vi è impegnato».
La Pubblica amministrazione italiana ha «scarsa capacità di rivedere in modo sistematico il proprio modo di operare». Spesso, ricorda il ministro dell’Economia, nel settore pubblico sono «inadeguati e obsoleti» i modelli organizzativi, le procedure organizzative, la dislocazione delle unità sul territorio. Padoa-Schioppa sa di cosa parla: il suo tentativo di ridurre e accorpare gli uffici periferici del Tesoro e della Ragioneria è stato «cassato» al Senato, durante l’esame della Finanziaria. Nei prossimi anni, aggiunge, 100mila dipendenti pubblici andranno in pensione, «abbiamo dunque una grande occasione per snellire le strutture e immettere personale qualificato».
Padoa-Schioppa sa anche che il settore pubblico spende troppo, e male. Nei prossimi tre anni, ricorda, sarà necessario recuperare risorse «non inferiori a 10 miliardi annui» per raggiungere nel 2011 il pareggio di bilancio: 7-8 miliardi l’anno di correzione dei conti, più tre miliardi di spese non rinviabili. Si tratta di risorse che non possono essere ancora prelevate dai contribuenti, perché «il carico fiscale sulle imprese e sui cittadini che pagano le tasse è già elevato, e dobbiamo ridurlo destinando a questo fine le entrate recuperate con la lotta all’evasione». Dunque, avverte il ministro, negli anni prossimi «non ci saranno tesoretti da spendere, e non abbiamo altra strada che il contenimento della spesa pubblica». Ed è «semplicemente impensabile», aggiunge, che l’economia possa ritornare a crescere se il settore pubblico non aumenta in misura significativa la propria produttività, in rapporto fra quanto spende e quanto rende. «Bastava non sperperare i 27 miliardi che il governo ha avuto per le mani, e ora non ci sarebbe alcun bisogno di altri 10 miliardi l’anno», ricorda Mario Baldassarri, capogruppo di An in commissione Bilancio del Senato.
Intanto, in commissione Bilancio della Camera, è stato approvato un emendamento del relatore alla Finanziaria che innalza a 9.500 euro la franchigia Irap.

Eliminata, attraverso un secondo emendamento, anche la stretta fiscale sulle perdite delle società sportive professionistiche, in primis quelle del calcio. Inoltre, da parte di 180 parlamentari dei due fronti è stato presentato un emendamento bipartisan per rendere strutturale il 5 per mille, aumentando da 100 a 400 milioni la copertura per il 2008.

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