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Padova, in mostra agli Eremitani i capolavori della Fondazione Longhi

La mostra illustra quattro secoli di storia dell'arte così come l'ha raccolta il grande critico piemontese. Tra le opere spicca «Il ragazzo morso dal ramarro», tela di rara efficacia, verismo e sensualità. Tanto da costituire da secoli una della «prove» della presunta omosessualità del pittore lombardo

Padova, in mostra agli Eremitani i capolavori della Fondazione Longhi

Quattro secoli di pittura nell'affascinante avventura collezionistica di Roberto Longhi, uno dei maggiori critici del '900, raccolti al Museo degli Eremitani. La mostra, aperta fino al 28 marzo 2010, racconta un percorso che culmina con «Il ragazzo morso dal ramarro», uno delle opere più celebri di Caravaggio. Del resto la figura del grande pittore lombardo fu centrale nel lavoro di Longhi (Alba 1890, Firenze 1970) che si laureò nel 1911 a Torino proprio con una tesi su Michelangelo Merisi. Il pittore è meglio noto come Caravaggio, paese in provincia di Bergamo, dove si crede abbia avuto i natali nel 1571, anche se la critica è ormai orientata a indicare Milano come luogo di nascita.
Un punto fermo comunque nella vita di Longhi che esplorerà in ogni suo aspettato il percorso culturale del grande pittore lombardo e della sua scuola. Tanto da riuscire a riportarlo al centro del dibattito artistico, dopo secoli di oblio. Famoso e ammirato in vita, Caravaggio fu infatti quasi completamente dimenticato dopo la sua morte e solo all'inizio del '900 fu riconosciuto il suo contributo allo sviluppo dell'arte pittorica. Artista «maledetto», fu coinvolto in diverse risse, causate da gioco, debiti o contrasti d'amore, e in una di queste appena ventenne, pare abbia ucciso il suo primo avversario. Ma l'episodio cruciale avviene nel 1606 quando, sempre in uno scontro in strada, pur ferito colpì e morte Ranuccio Tommasoni da Terni: condannato alla decapitazione, fu costretto a fuggire da Roma. Visse poi tra Napoli, la Sicilia e Malta fino alla morte a Porte Ercole nel 1610 sulla strada di ritorno per Roma, dopo essere stato graziato dal Papa.
Oltre che del suo carattere focoso, si discusse a lungo della sua presunta omosessualità, viste le numerose opere in cui ritrae giovinetti mentre suonano uno strumento, tradizionale accompagnamento all'amore, o mangiano un frutto, simbolo dell'appagamento dei sensi. Come il «Bacco» (1596/7) o meglio ancora il «Fanciullo con cesto di frutta» (1593/4) ritratto in una posa straordinariamente simile a quella del «Fanciullo morso dal ramarro» (1595/6). Entrambi hanno infatti la spalla destra sensualmente scoperta, capelli ricci, folti e neri, carnagione olivastra e labbra carnose. Del «Fanciullo con il ramarro» esiste anche una seconda e successiva versione, in gran parte opera di un allievo, custodita alla National Gallery di Londra. Entrambe le tele rappresentano appunto un ramarro mentre morde il dito medio di un ragazzo che aveva allungato la mano verso un cesto di frutta. Nel simbolismo dell'epoca stava a dimostrare come nel grande piacere si nasconda anche un grande dolore, in particolare per quel che riguarda le pene d'amore.
La tela sicuramente attribuita a Merisi appartiene alla fondazione Longhi, uno dei più grandi critici del '900: docente universitario dal 1922, collaboratore di riviste come «La Voce» (dal 1911), «L'arte» (dal 1913) e «Vita Artistica» (dal 1927. Ideò e diresse memorabili mostre come quella di Milano nel 1951 sul Caravaggio, naturalmente, cui seguirà l'anno dopo il volume monografico sul maestro lombardo. Riuscì ad acquistare decine di opere che nel 1971, un anno dopo la morte, per sua volontà confluiranno nella «Fondazione di Studi di Storia dell'Arte» ora in mostra agli Eremitani. Il percorso artistico si dipana per quattro secoli, partendo dal Duecento, ma grande è l'interesse di Longhi anche per il Trecento bolognese, rappresentato dalle tavole di Vitale da Bologna, Simone dei Crocefissi, e per la cultura figurativa tra il Gotico e il Rinascimento come dimostrano le forti presenze di artisti «padani» come il veneto Jacobello del Fiore, l'emiliano Stefano da Ferrara e il lombardo Cristoforo Moretti.

Fino ad arrivare al cinquecento di Dosso Dossi e Lorenzo Lotto. Fiore all'occhiello della collezione ovviamente il «Fanciullo» caravaggesco cui fanno da corona le opere degli allievi italiani e stranieri del Merisi: Orazio Borgiani, Carlo Saraceni, Matthias Stomer e Mattia Preti.

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