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Il paese che da 40 anni non riesce ad avere l'acqua in casa

A Frigole, nel cuore del modaiolo Salento, tutte le famiglie vanno alla fontana a riempire bottiglie per lavarsi e cucinare

Il paese che da 40 anni non riesce ad avere l'acqua in casa

da Frigole (Lecce)

La fontanella è un altare pagano. Crocevia, rito, benedizione, anche se da queste parti non amano le metafore, i paragoni e le iperboli. «L'acqua? La accatto. Alla fontana, in piazza». E poi? «Mi ci lavo li denti. Cu la buttigia».

Sole a picco, Rosario al bar, la controra che fa uno sterminio di abitanti. Sono tutti al lavoro o in siesta, a Frigole, frazione marina di Lecce dove l'estate si balla la pizzica e l'inverno la vita rotola come una biglia tra la chiesa, la macelleria, l'edicola Nonsoloedicola, il bar a piazza Bertacchi. E la fontana.

Cinque taniche fuori dalla macchina, Mimmo si avvicina al totem che gocciola e inizia la pratica della giornata: due taniche per cucinare, due per il bagno, una per varie ed eventuali. Un rosario. Da sempre. Da quando la marina leccese è stata colonizzata da primi pionieri. Ossia dall'81, riassume Rosario. Prime case, una buona parte abusive, ma non perché siano così vicine al mare, ci passano trecento metri: perché il piano regolatore prevedeva che qui si poteva costruire e lì no. Poi tutti in regola, un condono frigolino di massa, oneri di urbanizzazione pagati, con un problema però: in due vie, via delle Dracene e via Marinelli, l'acqua non è mai stata allacciata. Trentacinque famiglie da più di quarant'anni vivono come in campeggio. Tutti i giorni alla fontana. Un puzzu nero per la fogna. Giunte a compasso: a Lecce il centrodestra, alla Regione, da cui dipende l'Acquedotto Pugliese, la sinistra. E l'acqua in una grossa fetta di Frigole non è mai arrivata. Non è che viene e va, a seconda dei guasti e dei turisti: sarebbe la storia di una parte del sud che paga la bellezza con l'incertezza idrica. A Frigole non c'è e basta. Una volta anche la fontanella si bloccò, e allora fu rivolta. Ora la novità è che l'Acquedotto Pugliese ha garantito al consiglio comunale di Lecce 180mila euro per fogna e allaccio dell'acqua. Molte famiglie a Frigole hanno la fogna privata, lu puzzu nero.

Nell'ora del riposo collettivo, sotto una luce bianca da Magna Grecia, in effetti alcuni operai manovrano le escavatrici per bucare la circonvallazione. Qualcosa si muove, sì, ed entro l'anno l'acqua nell'unico paese d'Italia che non l'ha mai avuta potrebbe forse arrivare. Ma la speranza, «l'aggiu persa la speranza», si blinda Rosario. Quelli fanno «le ricchie da mercante». Essere alle frange di un capoluogo come Lecce, cultura ed eleganza pugliese, e campare a secco.

«Ringrazia il cielo che la fogna sta arrivando», viene a scuoterlo Salvatore Palano, coordinatore delle Marine leccesi per Fratelli d'Italia. «Quando sono le elezioni?» chiedono quelli del bar. «A giugno». «Ecco, a luglio qui non si vedrà più niente. E le tasse continuiamo a pagarle». Questo non è un paese né per vecchi né per giovani, se si parla di speranza. Quattro chilometri di spiaggia, almeno uno invisibile perché chiusa con una recinzione, campi di cipolle e pomodori. Ogni biografia è la storia di una battaglia con l'acqua. La signora Jolanda ha fatto fuori lavatrice e scaldabagno. Bruciati. Lei abita a Borgo Piave, frazione nella frazione, e ne parla come del paradiso. Un silenzio, una pace. Ma i tubi vecchi spesso si incrinano e l'acqua si disperde, galleggia sul marciapiede. Mentre fai partire la lavastoviglie, l'acqua non arriva più e l'elettrodomestico si fonde.

«Sono i tubi di Mussolini». Condotti di amianto nei punti in cui non sono stati sostituiti, spiega Alessio Poso, giovane candidato di Grande Lecce. Fu proprio grazie alla bonifica di epoca fascista che questa ex zona paludosa divenne praticabile e adatta all'insediamento, la sabbia fu affettata in poderi. Ma sottoterra il tempo si è incrostato a quasi un secolo fa. Accanto a due bidoni dell'immondizia dell'entroterra frigolino, una grande pozza d'acqua si allarga fino alla carreggiata. Per buttare la spazzatura bisogna infilarsi gli stivali. L'acqua non c'è, ma poi stagna in punti nascosti, crea melma nei campi e gli agricoltori si incagliano con i trattori.

Ma anche i pescatori si spiaggiano. L'acqua, sempre l'acqua è il problema di Frigole: se in due strade annaspano cucinando e lavandosi a colpi di taniche, a meno di un chilometro giace una conca naturale chiamata Acquatina, su cui l'Università di Lecce imbastì un progetto di studio dei pesci con finanziamenti europei. Il bacino è stato chiuso con le paratie, sono state montate cabine e comperati computer. Tutto galleggia nell'abbandono. L'Acquatina, proprio perché l'acqua stagna con la chiusura, è invasa dalle alghe. Alcuni giorni «ci puoi camminare sopra come Gesù Cristo», ride Francesca Lubelli, anche lei candidata per Grande Lecce. Ma scherzano meno i pescatori le mattine in cui rimangono bloccati nel canale con il loro peschereccio. Per colpa del laboratorio dei pesci andato in rovina, quando è secca uscire da quella palude è una fatica d'Ercole.

L'invernata è stata difficile, e non solo per la neve che qui non si vede mai. L'acqua ha fatto le bizze, interruzioni continue ed elettrodomestici tutti da buttare, racconta comunque allegra Jolanda, reduce da una convalescenza alla gamba dopo una caduta durante una serata di danze salentine.

Ed ecco dunque Mimmo con le sue taniche alla fontana. Da lui, nel triangolo frigolino delle Bermuda, non esiste proprio l'allaccio. «Come l'Albania di cinquant'anni fa», conferma Palano. Che non molla con l'ottimismo: «Qui stanno costruendo la ciclabile indica lì fanno girare l'anello della fogna». «Se nun vedo la fogna all'acqua nun ci credo», ripete Giuseppe citando San Tommaso. Raccontano che a via delle Dracene un'inquilina sia scomparsa dalla sera alla mattina per esasperazione. Le case sono invendibili, inaffittabili, e imprestabili a parenti o amici. Qualche fortunato si allaccia al Residence, che l'acqua ce l'ha: sono le case un tempo di proprietà di quella struttura. «Ma giustamente ognuno vuole il suo allaccio chiarisce un abitante non si può dipendere da un altro per l'acqua. E se una mattina si sveglia e chiude tutto?».

In altre strade l'acqua è terrosa, quella dei pozzi, data la vicinanza del mare, è salata. Giuseppe abita al confine della deadline, la linea oltre la quale non si spilla una goccia. L'acqua che esce dalla doccia «non è propria salata, ma salmastra». Ci si può innaffiare al massimo le piante. Ma alla fine si mischia anche con il bagnoschiuma.

E quando il sale sulla pelle dà prurito, ci si scarica in testa la solita buttigia della fontanella.

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