nostro inviato a Montappone (Ap)
Le mani di Anna Concetti non conoscono il tempo anagrafico ma giocano, sapientemente, con i tempi del fare: tagliare la paglia, separarla, farla seccare e poi, una volta ammorbidita dallacqua, intrecciarla, a quattro, sette o tredici fili, sempre con la stessa velocità e lentusiasmo di quando era una giovane sposa e aiutava il marito e il suocero, cappellai a Montappone, fra le colline del Piceno. Le sue mani creano un cappello di paglia in una giornata: quattro o cinque ore per intrecciare, altre tre per cucirlo e pressarlo, un gesto che la signora Anna compie ancora con la vecchia «mazzetta» in legno. A 74 anni è sempre pronta a tirar fuori la «jervecella», il grano seminato a ottobre (non va concimato) e poi tenuto da parte per la fine di luglio: anche questanno, il 22 e il 23 il borgo antico ospiterà infatti la fiera dedicata al cappello di paglia, una tradizione che, in provincia di Ascoli Piceno, conta due secoli e mezzo di storia.
Fino agli anni Sessanta, dopo la giornata nei campi gli abitanti di Montappone si riunivano nelle stalle a intrecciare la paglia; poi sono arrivate le macchine e labilità delle artigiane è diventata un patrimonio sempre più prezioso: da cinque anni la loro virtù si è trasformata in unattrazione che, per un weekend, raccoglie in questo paesino fra i Monti Sibillini centinaia di persone, adulti e bambini, immersi fra covoni, trecce e spighe che, sotto i loro occhi, si tramutano in cappelli finiti. Più fini, a tredici fili, oppure più «rozzi», a quattro fili, per le «pagliette» dei gondolieri, o semplici «scrozzi», la parte più spessa della spiga, quella vicina alle radici, tagliata per farne cannucce per bere: perché della paglia, una volta «capata», cioè tagliata e setacciata, non si butta via niente.
Oggi le trecce non sono più realizzate, gesto dopo gesto, dalle mani delle marchigiane: arrivano dalla Cina, già pronte per essere cucite a macchina. Montappone, però è rimasto il paese dei cappelli, il centro di quel «distretto» formato anche da Massa Fermana, Falerone e Monte Vidon Corrado, il colle dirimpettaio dove, alla fine dellOttocento, è nato il pittore futurista Osvaldo Licini. Erano gli stessi anni in cui la produzione di cappelli cominciava a diventare unindustria, per affermarsi dalla metà degli anni 60. Oggi Montappone e Massa Fermana (in tutto 2.700 abitanti) contano 45 aziende, che impiegano 1.400 addetti e garantiscono ai due paesi la piena occupazione, per una produzione di 4-5 milioni di pezzi: cappelli di paglia, in maglia, in tessuto, in feltro o poliestere, berretti e panama. Il fatturato totale raggiunge ogni anno i 100-120 milioni di euro, grazie anche ai prodotti importati che, negli ultimi anni, hanno toccato i 20-25 milioni di pezzi. «La gran parte del fatturato però è rappresentata dal made in Italy - spiega il vicesindaco Giuseppe Mochi -: qui si concentra il 70% della produzione italiana che poi, in gran parte, viene esportata verso Giappone, Stati Uniti, Russia ed Europa». Ci sono aziende che realizzano cappelli per Gucci, Diesel, Replay, Moncler, Cerruti e Max Mara; altre vivono grazie ai berretti (Silvano Marini ha le licenze per Disney e i Simpson). Altri puntano sui copricapi da donna e da cerimonia, come Galliano Sorbatti, 12 dipendenti e una produzione media di mille pezzi al giorno («ma possiamo arrivare a 1800»): «In Russia chiedono proprio il nostro marchio, lanno scorso ho esportato il 35% della produzione, questanno scenderò al 16%. Negli ultimi tre anni, invece, è scomparso il commercio con Israele: prima era il mercato principale, oggi incontro i clienti israeliani quando vado in Cina». Nellazienda di Galliano Sorbatti, nonostante il clima estivo, il vapore e il feltro la fanno da padroni: si lavora per i prodotti invernali (quelli che piacciono tanto in Russia), il tessuto è messo sulle forme in alluminio («una costa 300 euro, prima erano in legno»), poi si cuce il bordo, con un filo morbido in acciaio, quindi si taglia con laiuto del «misurino» (realizzato da una sola ditta, di Firenze, è in ottone e vale 150 euro) e si decora con nastri, fiocchi, fibbie, plaquette. A Massa Fermana, invece, la Newlad è specializzata in cappelli di maglieria per bambini, che rappresentano l80% del fatturato (un milione lanno): «Un cappellino ricamato, con linterno in pile lo vendo a 7,20 euro - spiega il titolare Giampiero Cruciani -. Quelli cinesi si trovano a 70 centesimi, ma noi facciamo il punto cavallo ancora a mano». Simone Niccià si occupa di feltro in estate e di paglia nei mesi freddi: 100-150mila pezzi lanno, il 60% esportati, soprattutto in Germania, Francia, Spagna e Regno Unito. Le trecce arrivano dalla Cina, in matasse da 100 metri (una a 7 fili serve per cinque cappelli): alla signora Rita bastano tre-quattro minuti di lavoro a macchina per delineare falda e tesa e preparare il copricapo che sarà poi pressato a caldo, con una attrezzatura a pedalina o a mano, quindi guarnito e rifinito.
Quattro minuti rispetto alle otto ore della signora Anna che, nel suo cortile in via San Giorgio, nel punto più alto del paese, non si scompone: «Per acchiappa maglia a maglia ci vuol tempo, non è che le metti a caso».
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