da Milano
Contro il Prodi bis è durissima. «Una scelta che mortifica le istituzioni». E contro Prodi, novello «rieccolo», lo è ancora di più, perché «questo signore ha scelto di sottomettere gli interessi del Paese a un interesse personale». Ha un ruggito soffice, femminile, ma comunque un ruggito, Stefania Craxi. E non a caso sceglie Milano, città simbolo del socialismo paterno, per dispiegare (e spiegare) con la sua associazione Giovane Italia la bandiera del riformismo. Ovvero «il metodo» - precisa lei - con cui costruire il Partito della libertà.
Lei rivendica la primogenitura riformista in Forza Italia.
«Certo, dal '94, se la matematica non è un'opinione. Lo rivendico perché in questi anni certe "realtà residuali" hanno perpetrato lo scempio vergognoso della storia socialista, agitando vecchi simboli per trovare un posto. I socialisti che hanno sempre pensato a un incontro sottomesso al partito comunista oggi stanno a sinistra. Non può starci invece chi ha appreso la lezione di Craxi: appartenere a una storia, quella del riformismo, che è minoritaria. Ma è storia di uomini liberi».
Riformismo, quindi: vogliamo dargli un contenuto?
«Non è un'ideologia e nemmeno una teoria politico-filosofica. È un metodo, un'attitudine, la disponibilità della mente e del cuore a misurare le idee di progresso e civiltà con la realtà che cresce e si modifica. Senza averne paura, perché il riformista ha coraggio e pensa che le riforme vadano fatte un pezzo alla volta».
La vera malattia della sinistra?
«La menzogna. Ci hanno raccontato che la Prima Repubblica nata antifascista nel '45 aveva nulla a che vedere con l'Italia fascista di pochi mesi addietro. Prima menzogna. E ora ci raccontano che la Seconda è nata dalla battaglia tra gli onesti, loro, e i corrotti, ovviamente noi».
Che è la seconda menzogna?
«Certo, ci separa un abisso di moralità politica. Un abisso che non riusciranno mai a colmare».
Veniamo al Prodi bis.
«È una scelta che mortifica le istituzioni. Si rimanda alle Camere un governo che non ha neanche il 30% dei consensi. Ed è una vergogna che si può ascrivere al signor Prodi, che sceglie di sottomettere gli interessi del Paese a un interesse personale».
Lei come lo giudica?
«Come uno che è stato per anni al centro dell'intreccio tra politica e affari e si è distinto per aver svenduto le aziende di Stato agli amici degli amici, oltre che per una seduta spiritica di cui ancor oggi non ci racconta la verità».
Suo papà che cosa ne pensava?
Malissimo, perché sapeva che era uno dei capi in testa di quell'intreccio. Non a caso gli amici di Prodi erano gli avversari di mio padre. E non a caso oggi sono gli avversari di Berlusconi».
Dove sarebbe oggi Craxi?
Se lui ci fosse ancora, la situazione non sarebbe questa e non ci sarebbe bisogno di trovarci qui a parlare di riformismo.
E cioè?
Quel cucciolo è figlio di quel leone».
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