Francesco Gambaro
Una volta si chiamava Tarsu (tassa sui rifiuti solidi urbani), dal primo gennaio 2006 è Tia, ovvero tariffa igiene ambientale. Ma per il malcapitato contribuente trattasi pur sempre di stangata. E che stangata. Ne sa qualcosa Francesco Lorefice, titolare di un negozio di frutta e verdura a Quinto.
Nei mesi scorsi l'uomo ha ricevuto la fattura della tassa sulla spazzatura relativa al primo semestre dell'anno. Ed è sbalzato dalla sedia: 803 euro da versare agli uffici postali, gli sportelli bancari o gli uffici della Gestline entro il 25 luglio. Un bel salasso, non c'è che dire, ma la vera sorpresa è stata un'altra, sbotta Lorefice. «Sul bollettino ho visto tassati i 48 metri quadrati del mio punto vendita due volte. In pratica devo pagare due aliquote della tassa sui rifiuti, una di 17 e l'altra di 11 euro a metro quadro perché, così mi hanno riferito, sono tenuto a partecipare allo smaltimento dei rifiuti dei clienti che vengono nel mio negozio». E non è tutto. Sorpresa per sorpresa, l'uomo ha scovato un altro errore, relativo al metraggio del suo esercizio commerciale. Che non è di 48, bensì di 20 metri quadrati. Quindi per anni ha pagato una tassa sui rifiuti molto più alta di quella in realtà dovuta. I calcoli sono presto fatti. «Anziché versare 803,99 euro al semestre, avrei dovuto pagarne 335». D'accordo: c'è stato un concorso di colpa, ammette l'esercente. Nel senso che «gli uffici della Tarsu non mi hanno mai chiesto le misure del punto vendita, e io non gliele ho mai trasmesse. Ma una volta scoperto l'errore, speravo di ricevere un rimborso sulle rate precedenti». E invece no. Dopo aver sborsato 800 e passa euro lo scorso luglio, il negoziante ha ottenuto soltanto di pagare la cifra corretta nel secondo bollettino, che scadeva il 30 novembre. Rimettendoci così quasi 500 euro. «Mi hanno risposto che dovevo accorgermi prima dell'errore, ora è troppo tardi per recuperare gli importi versati precedentemente. Così quest'anno di Tia. finirò per pagare 1.138 euro, anziché 670 come sarebbe stato giusto».
La beffa diventa ancora più grande pensando a tutte le somme scucite dal negoziante negli anni scorsi, prima di scovare l'errore di calcolo.
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