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Il Pakistan base di Al Qaida e rifugio sicuro per i talebani

Nella regione sul confine afghano cresce indisturbata la nuova leadership del terrore e si pianificano gli attacchi

Al Qaida si sta riorganizzando, nella zona tribale a cavallo fra il Pakistan e l’Afghanistan, sotto il comando di nuovi «colonnelli» più giovani e audaci. Uno di questi è Abu Ubaidah al Masri, che significa l’«egiziano», e sta prendendo in mano pure le operazioni della rete del terrore all’estero. Gli attentati in Occidente, come quelli di Londra, rimangono fra gli obiettivi di Al Qaida. Lo ha rivelato ieri il quotidiano New York Times citando fonti dei servizi segreti americani, che hanno ricostruito la mappa del potere della rete fondata da Osama bin Laden.
I vecchi capi come Osama e Ayman Al Zawahiri vivono isolati dall’organizzazione per motivi di sicurezza e hanno demandato il comando alle nuove leve, quasi tutte fra i 30 ed i 40 anni, cresciute militarmente in Afghanistan o in Cecenia. Abu Ubaidah è stato probabilmente designato da Al Zawahiri, pure lui egiziano, che da sempre ha cercato di influenzare Al Qaida con suoi correligionari a discapito dei terroristi provenienti da altri Paesi arabi.
Il nuovo capo operativo guidava i volontari stranieri della guerra santa islamica nella provincia di Kunar, nell’Afghanistan orientale. In quest’area ha messo a segno diversi attacchi contro le truppe americane filmandoli e riversando i video su internet. Abu Ubaidah ha preso il posto di Abu Hamza Rabia, un altro egiziano ucciso da un bombardamento mirato della Cia nelle aree tribali pachistane nel 2005. Lo stesso nuovo leader militare era stato dato per morto in un attacco nel remoto villaggio di Damadola, il 13 gennaio dello scorso anno. L’obiettivo era Al Zawahiri, che scampò all’attacco.
Secondo le fonti di intelligence del New York Times, Abu Ubaidah era coinvolto nella pianificazione dello sventato attentato della scorsa estate a diversi voli passeggeri in partenza da Londra.
La «mappa» della nuova struttura di comando di Al Qaida è stata scoperta anche grazie alle intercettazioni di comunicazioni nella zona tribale, ma la rete del terrore si appoggia soprattutto su una fitta organizzazione di corrieri che trasportano i messaggi senza utilizzare alcuna apparecchiatura elettronica. Molti dei nuovi quadri vengono dal Pakistan o dal Nord Africa, ma i più pericolosi, dopo il capo delle operazioni, sono il marocchino Khalid Habib e Hadi al Iraqi. Quest’ultimo, di origini curde, si è fatto le ossa nell’esercito di Saddam, ma ben presto ha disertato per andare a combattere in Afghanistan. Lo stesso Bin Laden gli avrebbe ordinato di tornare in Irak, subito dopo l’attacco alleato, come ufficiale di collegamento con Abu Musab Al Zarqawi, poi ucciso dagli americani.
Dopo la morte di Al Zarqawi, Al Iraqi avrebbe riorganizzato Al Qaida in Mesopotamia, ma recentemente sarebbe rientrato in Pakistan per accentuare l’offensiva terrorista in Afghanistan. Non a caso, dallo scorso anno, sono aumentati a dismisura gli attacchi kamikaze e migliorate le trappole esplosive. Ambedue tattiche applicate nel pantano iracheno e importate in Afghanistan, contro i soldati della Nato, compresi i duemila italiani.
Ieri il mullah Dadullah, il cui nome di battaglia significa «regalo di Dio», ha lanciato l’ennesima minaccia dal sapore propagandistico: «Abbiamo inviato migliaia di attentatori suicidi talebani in tutte le città per attaccare le truppe straniere e le loro marionette afghane». In realtà si tratterà di decine, o al massimo un paio di centinaia, di terroristi suicidi, come nel 2006. Ma rimane pur sempre il segnale di una deriva stragista. «Trasformeremo la nostra patria nella tomba dei soldati americani e le loro famiglie - ha detto Dadullah - dovranno attenderne le salme».
Non solo Al Qaida troverebbe chi chiude un occhio, se non tutti e due, in Afghanistan ma, stando a quanto detto dal presidente afghano Hamid Karzai in un’intervista, Islamabad appoggia i talebani per «colonizzare» l’Afghanistan. Il mullah Omar, il deposto capo del regome oscurantista di Kabul si trova nella città pakistana di Qetta, sostiene Karzai.

«Abbiamo solide informazioni che lo indicano», afferma il presidente, che aggiunge: «Dietro al movimento talebano c’è un progetto molto criminale e colonialista».

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