Palazzo, palace, palais. Un po ovunque, nel mondo, quando si usa questa parola si fa riferimento, spesso inconsapevolmente, al termine palatium, ovvero Palatino. Non è difficile capire perché, visto che il colle romano fu sede delle dimore più importanti, dalla capanna di Romolo alla casa di Augusto. E se è vero che tanto cè da vedere passeggiando tra i Fori Romani fin sulla cima del Palatino, è vero anche che molto resta ancora inaccessibile al pubblico. Ma questa estate, e fino a settembre, il Palatino aprirà finalmente le porte dei siti chiusi: la Casa di Livia e la Casa dei Grifi, la Loggia Mattei, lOratorio dei Quaranta Martiri e il Tempio di Romolo al Foro Romano.
Unoccasione unica pensata per liniziativa «Archeologia destate», perché se lapertura di questi siti è possibile lo si deve alla collaborazione del personale che ha «donato» ore di lavoro perché il pubblico possa visitarli. «Il problema - spiega Maria Antonietta Tomei, direttore del Foro Romano Palatino - non sta nel degrado dellarea, infatti i siti sono restaurati e accessibili, ma nella carenza di personale legata alla mancanza di fondi». Ora, per la prima volta, grazie a uno sforzo comune, si può entrare nella Casa dei Grifi (martedì e giovedì), la più antica dimora aristocratica rinvenuta nel Foro con i suoi splendidi pavimenti a mosaico, gli affreschi e gli stucchi che riproducono i due grifoni alati. Così come per la prima volta si aprono le porte degli altri siti, tra cui la casa della moglie di Augusto, Livia (a indicare il nome della proprietaria, le iscrizioni ancora leggibili sui tubi di piombo che portavano l'acqua): in parte restaurata e chiusa al pubblico per venti anni, nella casa (aperta il martedì) si ammirano affreschi con scene mitologiche, decorazioni a tralci di frutta, fiori e paesaggi, tipici del Secondo Stile.
E poi la Loggia Mattei (giovedì) «con le pitture tornate a Roma dal Metropolitan Museum che le ha date in prestito - aggiunge la Tomei - mentre, invece, gli affreschi mancanti conservati allErmitage di San Pietroburgo non sono stati concessi», e i dipinti di età romana dellAula Isiaca con i motivi cari al culto di Iside.
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