da Roma
Contributi più ricchi per i quotidiani di partito. L’aula del Senato ha approvato un emendamento al decreto agganciato alla Finanziaria, presentato dal relatore di maggioranza Natale Ripamonti, che riduce il giro di vite sulla stampa politica. L’emendamento, oltre i voti del centrosinistra, ha avuto anche il consenso di An e di alcuni senatori della Lega Nord ed è una parziale marcia indietro rispetto a quanto aveva stabilito la commissione Bilancio di Palazzo Madama pochi giorni fa.
Lì era stato deciso che i contributi non potevano essere maggiori della cifra spesa dai quotidiani per il pagamento degli stipendi di giornalisti e dipendenti. Un limite pensato per evitare che i fogli politici vivano solo di soldi dello Stato. L’emendamento approvato rovescia questa impostazione stabilendo che i rimborsi possano essere pari all’ammontare complessivo delle spese di produzione e distribuzione della testata. Confermata, invece, la scelta della commissione di tagliare i contributi per spese postali: il taglio sarà del 7 per cento per i piccoli editori e del 12 per i grandi gruppi editoriali.
In precedenza, e con un solo voto di scarto, il Senato aveva respinto l’ordine del giorno di Roberto Calderoli (Lega) che chiedeva al governo di ridurre il numero dei ministri. Il senatore leghista si è però assicurato l’astensione di due senatori dell’Ulivo, Roberto Manzione e Massimo Villone, autori di un emendamento simile, che era stato dichiarato illegittimo.
Per accelerare i lavori, Anna Finocchiaro è tornata a chiedere all’opposizione di ridurre il numero di emendamenti al decreto. Altrimenti - ha ricordato il presidente dei senatori dell’Ulivo - si avvicina il rischio del voto di fiducia. Forza Italia e Alleanza nazionale hanno fatto notare che Palazzo Madama sta rispettando i tempi per l’approvazione del decreto senza voto di fiducia. Gli appelli della Finocchiaro - si chiedono quasi in coro i capigruppo Schifani e Matteoli - servono forse per coprire le tensioni interne della maggioranza? Al punto che il relatore al decreto, il Verde Ripamonti, prevede che il voto di fiducia non sarà necessario. Stiamo lavorando per evitarlo, sostengono fonti di palazzo Chigi.
Mentre l’aula del Senato è impegnata con il decreto legge, la commissione Bilancio di Palazzo Madama ha iniziato l’esame della legge finanziaria.
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