Palermo, pizzo allo Zen per non staccare la luce

Il clan dei Lo Piccolo imponeva il "pizzo" agli inquilini delle case popolari: minaccia di tagliare acqua e luce. Venti arresti

Palermo, pizzo allo Zen 
per non staccare la luce

Palermo - Il clan mafioso dei Lo Piccolo imponeva il "pizzo" anche agli inquilini delle case popolari secondo quanto emerge da un’indagine della Squadra Mobile di Palermo che ha eseguito la notte scorsa 20 ordini di custodia cautelare firmati dal gip Maria Pino. I mafiosi avrebbero minacciato di tagliare acqua e luce se gli occupanti dei padiglioni di alloggi del quartiere Zen non avessero mensilmente versato una tangente, una sorta di canone di affitto pagato ai boss. L’indagine, denominatga "Addiopizzo 3" ha riguardato 31 episodi di estorsione soprattutto a esercizi commerciali tra cui ristoranti, concessionarie d’auto, rivendite di alimentari, e a imprese edili. Le vittime hanno collaborato con gli investigatori.

Pronti a tagliare i fili della luce Esponenti delle famiglie mafiose di San Lorenzo, Tommaso Natale e Partanna, riconducibili al mandamento di San Lorenzo, secondo quanto emerso dalle indagini, nel periodo che va dal 2003 al 2007 erano stati incaricati di chiedere il "pizzo" ad alcuni residenti dei quartieri Zen 1 e Zen 2, sotto la minaccia di interrompere l’erogazione di acqua e luce. In particolare la gestione di queste estorsioni era di competenza di Antonino Lo Brano al quele, dopo il suo arresto nel 2005, era subentrato Michele Catalano.

La riscossione delle tangenti La riscossione delle tangenti era suddivisa in due rate semestrali da pagare in prossimità delle festività pasquali e natalizie. L’attività d’indagine, che si è avvalsa anche della collaborazione degli imprenditori vittime del racket, è stata coordinata dal procuratore aggiunto Alfredo Morvillo e dai sostituti Domenico Gozzo, Gaetano Paci, Francesco Del Bene e Annamaria Picozzi. L’operazione è uno sviluppo dell’indagine "Addiopizzo 2" che si era conclusa nel marzo scorso.

Gli arrestati dalla polizia Gli arrestati Antonino Ciminello, 48 anni, Gioacchino Rosario Pensabene, 58 anni, Francesco Di Blasi, 66 anni. A tutti gli altri indagati il provvedimento è stato notificato in carcere, essendo già detenuti per altre inchieste. Si tratta del boss Salvatore Lo Piccolo, 65 anni, di a suo figlio Sandro, 33 anni e di Piero Alamia, 40 anni, Michele Catalano, 49 anni, Domenico Ciaramitaro, 34 anni, Antonino Cumbo, 42 anni, Giovanni Cusimano, 67 anni, Salvatore Davì, 60 anni, Salvatore Genova, 50 anni, Giovanni Battista Giacalone, 35 anni, Andrea Gioè, 39 anni, Antonino Lo Brano, 40 anni, Antonino Mancuso, 47 anni, Francesco Palumeri, 48 anni, Carmelo Giancarlo Seidita, 33 anni,Domenico Serio, 31 anni, Massimo Giuseppe Troia, 32 anni.

Tutti devono rispondere, a vario titolo, di 31 episodi di estorsione aggravata e continuata commessi fino al febbraio 2008 a in danno di vari operatori economici di Palermo. "Collaborate, il mito dell’imprendibilità dei mafiosi è finito", ha detto il questore di Palermo, Giuseppe Caruso, in un nuovo appello alle vittime del ’pizzò.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica