Il sindaco dei porti aperti chiude a chi vuol dar lavoro agli italiani

L'amministrazione comunale nega il permesso di costruire ai colossi del commercio: "Incompatibilità urbanistica" si legge nella motivazione, Orlando: "Bisogna rispettare le regole" e intanto anche il Palermo Calcio rischia di traslocare

Il sindaco dei porti aperti chiude a chi vuol dar lavoro agli italiani

In questa storia verrebbe da dire che la burocrazia si mette di traverso allo sviluppo economico della città di Palermo: tre no a tre imprenditori privati che fanno male alle attività produttive. Tre storie diverse tra loro, tre esempi di come la politica abbia messo il veto su commercio, sviluppo e sport. No alla realizzazione di Decathlon, no alla costruzione ex novo di un'area dedicata al colosso Ikea, no alla concessione dello stadio Renzo Barbera alla nuova società calcistica nata dalle ceneri della Us Città di Palermo. Insomma, tutto fermo anche se questa resta la città dei tanti rendering e dei pochi progetti attuati.

Al centro delle polemiche ci è finito - suo malgrado - il primo cittadino Leoluca Orlando, quello che apre i porti ai migranti e dall'altro lato blocca l'economia di un territorio in profonda crisi. Lo dicono i numeri del report Arrupe sulle migrazioni. Sono 14.815 i nuovi permessi di soggiorno rilasciati nel 2018 in Sicilia, un valore in crescita di quasi il 10% rispetto all'anno precedente. Ben il 56,2% di questi nuovi permessi di soggiorno sono rilasciati per asilo o motivi umanitari, a fronte "solo" del 26,8% a livello nazionale. "Una caratteristica che evidenzia la maggior vulnerabilità degli extracomunitari presenti in Sicilia", nota il rapporto, "è la minor quota di permessi per lungo soggiornanti, ovvero quelli che, sotto alcune condizioni, permettono di mantenere la presenza sul territorio e di avere accesso a tutele di welfare, che rappresentano il 46,5% del totale, a fronte del 62,3% della quota nazionale". Insomma una città piegata in due da una crisi senza ritorno che porta a riflettere sulla decisione di un'amministrazione che preferisce puntare sul blocco dell'economia. E allora cerchiamo di capire cosa è successo.

Decathlon

È il tasto più dolente dell'intera vicenda. L'Amministrazione comunale ha detto no al colosso di abbigliamento sportivo che avrebbe dovuto costruire il suo centro commerciale a Partanna Mondello, dove un tempo sorgeva lo stabilimento della Coca Cola. Gli uffici hanno rigettato l'istanza presentata dall'azienda evidenziando come "la destinazione urbanistica dell'area, classificata come D1 è incompatibile con attività che non siano esclusivamente industriali, artigianali e simili". Una motivazione strana, dato che la zona è abbandonata da anni, così come lo stabilimento chiuso da decenni. La stessa Società francese non è la prima volta che prova a sbarcare in città ma sembra che in passato avesse ritirato tutte le domande. «A novembre 2019 - fanno sapere dagli uffici comunali -, non aveva adempiuto alle richieste di integrazione documentale e alle richieste di chiarimenti formulate dall'amministrazione, tanto che si è dovuto procedere al diniego per mancato riscontro alle domande del Suap». L'interpretazione degli uffici del Suap è stata suffragata anche da un parere reso dall'Avvocatura comunale che ha rigettato la richiesta. Non si è fatta attendere la replica del Comune, attraverso le parole dell'assessore alle Attività economiche Leopoldo Piampiano. «Sulla vicenda del rigetto di un permesso presentato da una ditta locale, asseritamente per l'apertura di un punto vendita della società Decathlon, sono circolate in queste giorni notizie sensazionalistiche che in larghissima parte se non del tutto sono completamente destituite di fondamento. In particolare, e spiace sottolineare la leggerezza con cui alcune affermazioni gravemente lesive dell'immagine della città sono state diffuse, quella relativa ai presunti due anni necessari per l'esame della pratica. Il rigetto dell'istanza è infatti del 20 maggio e l'istanza del 25 febbraio 2020: 85 giorni sono diventati, in un poco accurato racconto giornalistico oltre 700». Il sindaco Leoluca Orlando ha voluto precisare che chiunque voglia investire in città deve avere chiaro: «il quadro normativo entro cui le proposte possono essere valutate per realizzare il bene della nostra comunità anche sotto il profilo dello sviluppo economico ed occupazionale». Al di là della polemica politica, Decathlon ha deciso di fare un passo indietro: un'occasione persa soprattutto per i risvolti occupazionali che avrebbe comportato.

Ikea

Altro giro, altra corsa. Anche il colosso svedese di arredamento ha provato più volte a sbarcare a Palermo per coprire tutto il potenziale bacino della Sicilia occidentale. Se a Catania Ikea è una realtà presente da anni, a Palermo il colosso si è accontentato solo di un corner online all'interno di un centro commerciale. Anche qui il nodo è stata la variante urbanistica. "Al posto di attrarre attività imprenditoriali che creano posti di lavoro, sembra che il sindaco di Palermo si diverta a rendere la città sempre più povera e con meno servizi e attrazioni», è la denuncia del gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle. L'amore tra Ikea e Palermo però, potrebbe essere solo rimandato. Non a caso, il colosso svedese ha inserito la città di Palermo all'interno di uno spot realizzato per la ripartenza nella fase 2. L'idea c'è ma la burocrazia non aiuta.

Stadio Renzo Barbera

È la casa dei tifosi rosanero ma anche qui c'è un ostacolo. La nuova Società da tempo ha chiesto il diritto di superficie sull'area per 99 anni. Un diritto che tanti altri club hanno ottenuto in Italia ed è cruciale per lo sviluppo e l'ammodernamento degli stadi. Invece, l'ultima concessione è scaduta nel 2014 e da allora si è andati avanti di proroga in proroga. Adesso l'amministrazione comunale ha chiesto per la nuova stagione - e per quella appena conclusa - di riscuotere i canoni concessori. Una cifra che la vecchia società di Zamparini (quando il Palermo giocava in serie A e con un fatturato dieci volte maggiore rispetto a quello attuale) era di 341mila euro l'anno. Troppo, per una Società che ha appena vinto il campionato di serie D e si appresta a giocare in C. Un tira e molla che non è piaciuto al Club che da tempo chiede chiarimenti su quanto pagare. Un canone che in ogni caso, dovrebbe essere in proporzione al fatturato, ai costi di gestione della struttura di viale del Fante e in relazione al campionato in cui gioca la squadra. "L'Amministrazione ed il Consiglio comunale credo abbiano l'unico obiettivo di garantire l'utilizzo dello stadio nel modo più corretto, come parte del più ampio impegno per il calcio e lo sport d'eccellenza nella nostra città", sostiene Orlando. "Crediamo - dichiarano gli assessori al Bilancio, Roberto D'Agostino, e allo Sport, Paolo Petralia Camassa. - che sulla vicenda della concessione dello Stadio Barbera per la società rosanero, sia in corso la classica tempesta nel bicchiere d'acqua. Come è noto a tutti, lo stadio è stato affidato con un consenso unanime istituzionale e politico, alla fine della scorsa estate per permettere alla squadra di calcio l'iscrizione al campionato di serie D. Ciò è avvenuto nelle more della definizione della Convenzione, che dovrà essere votata dal Consiglio comunale e dovrà stabilire, fra le altre cose, anche i canoni concessori.

La concessione non potrà ovviamente non tenere conto del fatto che la società usufruisce dello stadio, ed allo stesso tempo ne cura la manutenzione e la sicurezza, già dal 2019". Intanto il Club si cautela e sonda il terreno per emigrare in altre città.

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