Il palo che può togliere lo scudetto all’Inter

La faccia di Ranieri sembrava quella di Ettore Petrolini che recitava Gastone. La faccia di Mourinho sembrava quella di una zitella inacidita che finge di sorridere. La Roma riapre una storia già finita, l’Inter era sicura di spassarsela fino a maggio ma si ritrova a fare i conti con i propri capricci. Quello del portoghese è un gruppo sicuramente compatto ma sicuramente sempre in border line nervoso, non c’è decisione arbitrale che non provochi reazioni, balli di san Vito, smadonnamenti. È il segnale di fumo grigio alimentato dall’allenatore. Ieri il pareggio di Milito era nato da un fuorigioco iniziale grande come il cupolone ma Mourinho, nell’occasione, non aveva sorriso e nessuno dei suoi si era lasciato a comportamenti isterici. Il football ogni tanto ti regala qualcosa, come è accaduto in Champions, ogni tanto te lo porta via ma non sempre in modo disonesto, le manette vanno riservate ad altro. La Roma è stata superiore, stop. L’Inter non è stata quella di Londra, stop.
Quando, nel finale della partita, l’allenatore portoghese ha mandato all’aria il proprio centrocampo, richiamando Thiago Motta e Cambiasso, quest’ultimo ancora una volta stupito della scelta, per inserire il suo inutile pupillo Quaresma e Chivu, ha ribadito, se qualcuno non lo avesse ancora capito, che nel football non si inventa nulla e che certi arruffamenti tattici sono roba da calcio amatoriale e non da special one. Se poi il trentamilionario Quaresma è l’esempio che dovrebbe seguire Balotelli allora sappia, il presidente Moratti, che l’Inter non si iscrive al campionato per assolvere a una missione montessoriana ma per vincere con gli uomini migliori, anche quelli screanzati, considerato che certi colleghi di superMario sembrano al limite dell’esaurimento nervoso.
Mourinho può sorridere fin quando vuole ma all’Olimpico di Roma Ranieri gli ha dato una lezione non soltanto di gioco ma di comportamento normale, non ha strillato al cielo per il duplice off side interista sul gol del pareggio e nemmeno per alcune entrate vigorose dei campioni d’Italia, anzi ha invitato Perrotta a darsi una calmata.
Può capitare dunque che vinca chi giochi meglio anche se non è detto che alla fine il titolo premi la qualità. Ranieri e Mourinho non si sono mai incrociati, il romanista è andato a salutare l’ospite in panchina poi ognuno a casa propria, cercando di evitarsi anche negli sguardi. Ranieri e Mourinho hanno personalità, posture, carattere, opposti. Il portoghese sospende il silenzio stampa perché glielo impone l’Uefa ma, rientrato nei nostri tornei, torna a fare il moccioso e ad evitare conferenze e interviste, dimostrando la mancanza assoluta di rispetto non soltanto della stampa ma di chi (Sky, Mediaset, Rai) versa sontuosi milioni alla sua società per i diritti televisivi. Non sono asterischi ma servono nella lettura di un momento topico della stagione. L’Inter sembra avere la testa alla Champions ed è comprensibile avendo potuto usufruire, fino a qualche settimana fa, di un buon vantaggio di punti nella classifica del campionato ma ha buttato via in modo assurdo la sua dote generosa. Se, dopo trentuno giornate, ha 10 punti in meno rispetto all’anno scorso qualcosa vorrà dire. Così come per la Roma, ritrovarsi con 13 punti in più rispetto alla gestione Spalletti, assume un valore enorme per il passaporto di Claudio Ranieri, svillanato da Mourinho lo scorso anno.
Il palo colpito nei secondi finali da Diego Milito (un attaccante grandioso, altruista, intelligente, micidiale), è stato il segnale che qualcosa sta per cambiare nel gioco della sorte.

È quello che si augurano i romanisti, è quello che sperano i milanisti, è quello che, ovviamente, temono gli interisti. Qualcosa, comunque, è accaduto. Intanto Claudio Ranieri, esonerato dai geniali dirigenti della Juventus, si gode la sua primavera romana.

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