Gianni Pennacchi
nostro inviato a Padova
Giunge Enrico Boselli al congresso dei radicali italiani, per dire che tanto costoro quanto i socialisti dello Sdi, sono «a un bivio e bisogna scegliere». Ora, prima di Natale. La scelta riguarda ovviamente il destino della Rosa nel pugno, che sembra ormai sfiorire. Quello che Boselli lancia a Marco Pannella, laggiù in platea, ha il sapore di un ultimatum. «Sono venuto qui per dirvi con franchezza», scandisce, «che dobbiamo sentirci nella Rosa nel pugno come a casa nostra». Insomma, la proprietà del simbolo deve diventare comune. Altrimenti, amici come prima ma sulle ceneri dell'alternativa progressista e laica. E forse in previsione di questo finale, «bisogna guardare con attenzione al Partito democratico».
Traspare evidente il timore socialista che stringendo questo matrimonio, i radicali possano un giorno separarsi improvvisamente portandosi dietro i battenti di casa con targa e campanello, perciò Boselli pretende che il simbolo diventi dote comune e indivisibile. Pannella, almeno sino alle 22, su questa condizione cruciale e concreta non aveva risposto. Però Massimo Bordin, direttore di Radio Radicale, qualche ora prima poteva già anticipare: «Marco dirà che se Enrico vuole andare nel Partito democratico, faccia come crede. Lui, noi, andremo avanti con la nostra Rosa nel pugno e altri socialisti come Saverio Zavettieri», e perché no, Antonio Landolfi, Giulio Di Donato, altri della diaspora socialista qui convenuta speranzosa. A rincarare provvedeva autorevolmente Daniele Capezzone, segretario almeno sino a domani, stigmatizzando che «Boselli dice che non si può scegliere indifferentemente fra destra e sinistra quando tanto io quanto Emma Bonino abbiamo detto che stiamo e restiamo nel centrosinistra, ma il problema è come starci, per fare che cosa. Ci stiamo da cespugli o per lanciare una sfida riformatrice?». Sì ma Boselli vuole garanzie sul simbolo, paventa il rischio di restare in mutande. «Ma che vuole?», risponde Capezzone. «È vero, il simbolo della Rosa nel pugno è proprietà del Partito radicale, dunque di Pannella. Ma nell'atto costitutivo abbiamo scritto che ogni decisione sul simbolo deve essere presa collegialmente tra noi e lo Sdi almeno sino al 2011. Non basta?».
Però, prima di intonare il de profundis sulla fusione «fredda» tra radicali e socialisti, è preferibile attendere domani e la conclusione di questo congresso. Anche perché la platea di ieri era invece appassionata a questo tema e rinvigorita da una forte presenza della diaspora socialista, confluita a Padova per questa scommessa con diversi sentimenti e aspettative. Per Di Donato la Rosa si deve fare «ma non si farà». Ugo Intini invece è ottimista: «Si fa, si fa. Il soggetto deve diventare anche il luogo della riunificazione socialista. Sarà la casa lib-lab». Zavettieri, con realismo, parte dall'assunto che «se la sfida è quella dell'alternativa laica e riformista, ci vuole uno strumento», appunto la Rosa nel pugno.
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