Cultura e Spettacoli

Pannofino, la voce di Clooney diventa attore

da Roma

Da quando doppia George Clooney, gli chiedono di tutto, specie le donne: di sospirare paroline amorose alle orecchie, di incidere messaggi hot in segreteria o caste sveglie per la nonna, di raccontare barzellette con quel timbro inconfondibile di voce. Lui, Francesco Pannofino, 48 anni, nato a Pieve di Teco, Imperia, da genitori pugliesi, sta al gioco, un po' divertito e un po' rassegnato. Del resto, Clooney è Clooney: il divo più simpatico e sciupafemmine che ci sia, l'icona progressista alla quale il pubblico perdona tutto, anche una spy-story pallosissima come Intrigo a Berlino. Pannofino non avrà lo stesso glamour, però come attore è niente male. Dovreste vederlo in Boris, la reclamizzatissima serie di Sky partita ieri sera, dove incarna l'isterico regista René Ferretti, baffoni neri, capelli a caschetto e voce tonante. «Un combattente instancabile», dice: «Sa che i suoi attori sono cani, che la storia fa acqua da tutte le parti, ma alla fine trascina dove vuole la troupe squinternata e porta a casa la scena». Proprio ieri Pannofino ha cominciato a doppiare Ocean's Thirtheen, il terzo della serie; e il caso ha voluto che Boris esordisse nello stesso orario in cui, sempre su Sky, andava in onda Syriana. «Già, quasi una sfida con me stesso», scherza. «Debbo molto a Clooney, mi piace doppiarlo, un giorno o l'altro lo conoscerò. Però Boris è una cosa nuova, di cui vado molto fiero. È bello, ogni tanto, non sentirsi solo una voce».
In effetti Pannofino sta assaporando un momento d'oro. Tra due settimane lo vedremo al cinema in Notturno bus, dove rivaleggia con Giovanna Mezzogiorno e Valerio Mastandrea nei panni di un poliziotto manesco e corrotto; e intanto ha finito di girare accanto a Giannini la fiction tv sul generale Dalla Chiesa. «I due mestieri si integrano bene, l'uno aiuta a fare meglio l'altro. L'importante è distinguere. Sul set mai scimmiottare Clooney, sarebbe ridicolo», spiega. Nondimeno, se lo senti al telefono è difficile non pensare agli attori che ormai fanno tutt'uno con la sua voce: Clooney, certo, ma anche Denzel Washington, Clive Owen, Daniel-Day Lewis, Bruce Willis, William L. Petersen (il Grissom di Csi). «Washington è il mio preferito. Bravo, intenso, sempre concentrato. Sembra dirmi lui stesso come pronunciare le battute. Clooney, invece, è più amabile, gaglioffo, irresistibile. Finché dura...». Perché? «Per esperienza so che la fregatura è sempre dietro l'angolo. Ne ho visti di colleghi soffrire perché gli hanno tolto “la faccia”. Ci resti male, è una cosa crudele, ma bisogna farsene una ragione. Protestare non serve». Che poi è quanto accadde a Ferruccio Amendola e a Roberto Chevalier, privati, da un giorno all'altro, dei volti prediletti di Robert De Niro e Tom Cruise.
Lui, per ora, non corre rischi del genere. Sarà perché la sua voce, maschia e ironica insieme, non risulta inflazionata. Toyota a parte, Pannofino dosa con cura la pubblicità, soprattutto sta attento a non trasformare questa faccenda di Clooney in una macchietta. «Io le donne le conquisto con le mie armi.

Non è che poi sia così brutto, no?», protesta, rivelando un'umanissima coda di paglia.

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