da Roma
«Sto cercando il presidente Fini, voglio chiedergli di ricevermi con tutta la delegazione italiana, appena rientriamo da Barcellona», esclama al telefono, agitata ed entusiasta, lonorevole Anna Paola Concia. È felice perché ella stessa ha vinto una medaglia doro, quella del singolare di tennis, dopo aver portato il tricolore allinaugurazione degli Eurogames di Barcellona. «Solo noi salviamo limmagine dellItalia in Europa!», esulta ancora.
La riceverà, il presidente della Camera, questa sua deputata dopposizione - e lunica dellintero Parlamento a dichiararsi omosessuale - con gli altri 300, giovani e forti si presume, che han difeso i colori italiani alle Olimpiadi dei gay e delle lesbiche? Già, ci sono le Olimpiadi di Pechino, quelle degli handicappati, volete che mancassero queste? Lonorevole Concia, quarantenne dal fisico atletico, a Barcellona ha letteralmente stracciato le sue robuste avversarie, onorando così il ruolo di portabandiera che le era stato assegnato. E grazie allassist fornitole da Umberto Bossi con quel suo muto commento allinno nazionale, ora può dichiarare con fierezza che «in una Italia dove il tricolore viene bistrattato continuamente, i gay e le lesbiche italiane ne hanno difeso orgogliosamente i colori, nonostante siamo cittadini senza diritti».
Altro che gay pride sui carri carnevaleschi, la Concia ha vinto sul terreno di gioco, in una disciplina in cui alle Olimpiadi più famose abbiamo raccattato solo un bronzo a Parigi nel 1924. E la squadra italiana torna a casa con 10 medaglie doro: oltre a quella del tennis femminile, 2 nella pallavolo, 6 di atletica leggera ed una nel nuoto.
Ma perché anche le Olimpiadi degli omosessuali? «Non è affatto la pulsione a ghettizzarsi», risponde lonorevole campionessa, «né tanto meno il bisogno di rimarcare la diversità. È invece la voglia di lottare contro le discriminazioni attraverso lo sport, che è un grande strumento di trasmissione di modelli culturali e messaggi positivi». Tantè che gli Eurogames, invenzione del Nord Europa, si tengono ormai da ventanni. A Barcellona, da giovedì sino a ieri sera, hanno gareggiato 5.000 atleti, e la squadra italiana era numerosa, 300 appunto. Tutti in maglia azzurra con la scritta Italia sulla schiena, e sul petto il simbolo del Gsi, il coordinamento nazionale di lesbiche, gay e trans per lo sport, che ha compiuto da poco il suo primo anno di vita.
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