Paola Pigni: «Con me l’Italia scoprì che le donne sanno correre e soffrire»

«Fui la prima a fare 1.500, 5.000, 10.000 e maratona. Un record che non mi toglieranno neppure fra 200 anni»

Riccardo Signori

Parla e sono scariche elettriche. Racconta ed è un cullare la vita, non il passato. Ricorda ed è uno sbuffo, poi un passetto indietro, subito dopo uno avanti. Dice: «Noi nasciamo come un torrente e con il passare del tempo diventiamo fiume, raccogliamo tanta acqua, esperienze, ricordi. Ma se io parlassi solo di quando ero campionessa, di tutto quello che ho fatto, poveri figli e parenti. Direbbero: che rompi! Qualcuno se la filerebbe appena può. È vero, la vita è storia ma è importante guardare sempre avanti». Paola Pigni ipnotizza anche attraverso la cornetta di un telefono. La voce è un turbinio di vita. «Il fisico... Come quando avevo venti anni. Peso 52 kg, corro ancora tutti i giorni, faccio due ore di palestra. Ho due figli stupendi, un marito adorabile e ringrazio il Padre Eterno. Se riesco ad arrivare così ai 100 anni... ma anche a qualcuno di meno».
Oggi gli anni sono sessanta. Appena fuori dalla guerra nasce lei: primo rush della vita, ad anticipare la fine di dicembre. Poi ce ne saranno tanti altri ad anticipare le avversarie sul traguardo. Spunta a Milano dov’è cresciuta («Abitavo in corso Garibaldi»), ha studiato (scuola tedesca), è diventata grande, ha trovato l’amor doppio: la corsa e il marito che l’allenava. Oggi vive a Roma, lavora all’ufficio stampa della federazione bocce («La mia seconda famiglia»). Il professor Cacchi, il marito appunto, è ancora con lei. Sembra quella Paola, tosta e talvolta digrignante, viso scavato su un fisico da fuscello di ferro, pronta a lottare sulle distanze da superwoman. C’era lei e c’era la Calligaris nel nuoto, due facce di uno stesso mondo al femminile, voglia di sofferenza e di successo. Poi avremmo scoperto le altre.
Ma quella Pigni è ancora questa, che ti dice: «Corro, salto, mi arrampico. E non bisogna lasciarsi condizionare dall’età. O dalla bellezza. Dobbiamo volerci bene, essere vitali, attivi. Ho 60 anni. E allora? L’importante è averli vissuti». Lo sottolinea con orgoglio. Ma poi accetta l’operazione nostalgia. «Certo, mi manca solo l’emozione di una grande gara». Fu una grande vita di corsa. Paola avrebbe voluto cantare perché il papà fu famoso cantante («Il mio sogno nel cassetto»), invece cominciò a correre. Partenza nel 1958, arrivo nel 1974, costretta a non vedere il suo declino d’atleta da una operazione chirurgica mal riuscita. Aveva 29 anni. Ma prima... Fu la donna che aprì una breccia nell’incredulità maschile o che schiuse la porta al correre oltre i confini delle gare veloci: prima a provare i 1.500 metri, poi i 5.000 metri, i 10mila e la maratona che corse nel San Silvestro del 1971. «Ecco, questi saranno record che nessuno mi toglierà. Come Colombo quando scoprì l’America. Sono stata la prima in Italia a provare. In quel senso resto ineguagliabile. Anche fra 200 anni diranno: la prima fu Paola Pigni. E ne sono fiera».
Il resto è storia di una donna che vedevi non mollare mai. Una Radcliffe all’italiana. Donna su cui puntare sempre come dimostrano i 16 record italiani e 13 titoli assoluti, i 3 titoli mondiali di cross, il primo record del mondo dei 1.500 metri (luglio 1969) e quella medaglia di bronzo ai Giochi di Monaco ’72 sui 1.500 metri, un diamante da metter al collo. «Macché!», ribatte con uno sbuffo. «Quel bronzo è forse la cosa meno importante. Fui battuta da una russa (Bragina, ndr) e da una tedesca est (Hoffmeister, ndr), ma ora finalmente cominciano a venir fuori certe storie di doping. Chissà cosa avevano in corpo. Meglio lasciar perdere». Quello di cui era certa stava nel suo corpo: fatica e lavoro. Voglia da missionaria. Ricorda: «Mi alzavo alla mattina alle cinque, poi andavo a lavorare. Correvo 40 km, mi allenavo tre volte al giorno. Una vita che non mi ha fatto guadagnare soldi, però alla scuola tedesca ho imparato che servono determinazione, coraggio, volontà, sacrificio».
Enumera con la velocità di una mitragliatrice. A dimostrar che va sempre di corsa. Sembra una ragazzina di 15 anni piena di sogni in testa. L’ultimo: «Mi piacerebbe fare un programma alla radio dedicato alle persone anziane. Per dimostrare quante potenzialità ci sono ancora in loro». Vuol battere pure l’età. Forse l’ha già battuta. Tignosa in tutto. E instancabile nel superare limiti. Dopo il diploma e il corso all’Isef, ha deciso di metter tanti sull’attenti. E allora...

«A 50 anni e rotti mi sono laureata in scienze motorie, poi ho fatto un anno di master. Così quelli che sorridono sempre, su di noi che facciamo sport, sono stati costretti a chiamarmi: professoressa Paola e dottoressa Pigni».

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