Paolini e Kiefer «prestati» al museo

Tre suggestive opere contemporanee dialogano con le raccolte antiche. Il mito del mare si unisce a quello della Valchiria

Agli amanti dell’arte contemporanea che si fossero persi le mostre nel 1988 e nel 1997 di Giulio Paolini e Anselm Kiefer al Museo di Capodimonte, generosi collezionisti privati offrono l’occasione di rifarsi. Da qualche tempo infatti, al secondo e terzo piano del museo napoletano sono esposte due opere di Anselm Kiefer e una di Giulio Paolini, concesse in prestito, con la forma del «comodato», da due privati, consentendo così di integrare e ulteriormente arricchire la prestigiosa sezione per l’arte contemporanea di Capodimonte, unico esempio di museo italiano nel quale dialogano stabilmente artisti del passato e del nostro tempo.
Il prestito a «lungo termine» è una modalità sempre più diffusa e permette ad un vasto pubblico di ammirare opere d’arte di collezioni private, e inoltre crea e consolida un dialogo tra le istituzioni museali, il collezionismo privato e la città stessa. Le opere Mare nostrum e Hero und Leander di Kiefer e In ascolto (stanza dello spettatore) di Paolini, sono state realizzate dagli artisti per Napoli.
Nei due lavori di Anselm Kiefer, protagonista è il mare. Un mare scuro e in tempesta nella prima opera, dove si stagliano cinque navi di piombo. Mentre una sola nave, in balìa delle onde, in Hero und Leander ricorda l’episodio mitologico nel quale il giovane Leandro ogni notte attraversava l’Ellesponto per andare dall’amata Ero, rinchiusa in una torre. Finché in una notte di tempesta si inabissò tra i flutti ed Ero, disperata, si uccise gettandosi in mare.
L’opera di Giulio Paolini è stata realizzata in occasione della scenografia creata dall’artista per La Valchiria di Richard Wagner, rappresentata al San Carlo nel 2005. E a quelle scene l’opera In ascolto (stanza dello spettatore) si raccorda, come un’eco.

«Il disegno prospettico di uno spazio con uno spettatore - scrive Angela Tecce nel catalogo pubblicato da Electa - è tracciato a matita sul muro, sulla stessa parete cornici dorate e vuote, disposte in un ideale rettangolo prospettico e che si intersecano una volta sola con una cornice bianca, che sfalsa l’asse, alludendo allo spazio della pittura e del quadro, mentre fotografie di elementi della scena teatrale si disseminano come tracce dell’alterità del teatro e della rappresentazione».

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