«Paolo Grassi»: per gli allievi è tempo d’esami

In scena le «Sette porte» firmate da Botho Strauss

Matteo Failla

È tempo di esami anche per gli allievi della Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi, più precisamente per coloro che hanno appena terminato il terzo anno Attori e Regia. Fino al 22 giugno le giovani promesse sono impegnate ne Le sette porte di Botho Strauss; non sarà un semplice saggio di fine anno, quanto piuttosto un’occasione per arricchire le loro future carriere.
Sette porte, un progetto di Cesare Lievi che ne cura anche la supervisione registica, vuole infatti essere una «palestra» di teatro, che grazie all’uso del linguaggio possa rivelarsi particolarmente utile per i ragazzi. Il linguaggio della contemporaneità di Strauss infatti, come spiega lo stesso Lievi, è «senza soggetto, senza identità, sottoposto alla frammentarietà e senza verità, dipendente dal momento in cui viene annunciato. Una palestra per imparare chi siamo».
Cesare Lievi, regista e direttore del CTB di Brescia, ha alle spalle un lungo rapporto teatrale con Strauss, e proprio a questo autore ha dedicato un seminario di due mesi alla Paolo Grassi, puntando l’attenzione su quella «sua drammaturgia all’altezza dei nostri tempi».
Undici scene vedranno impegnati gli allievi diplomandi del III corso Regia - Carmen Giordano, Carlotta Origoni, Alessandro Petri, Fabio Cherstich, Riccardo Pippa e Tommasso Pitta - che, sotto la guida di Cesare Lievi, dirigeranno i colleghi attori dello stesso anno. Sul palco un semicerchio completamente bianco, delimitato da sette porte, teatro di vicende umane raccontate in undici divertenti episodi che lo stesso Strauss definì nel sottotitolo «Bagatelle».
Al centro di essi le fragilità dell’individuo di fronte all’esistenza: unico strumento di comprensione la ragione, che tuttavia si rivela spesso limitata ed ingannevole.

In scena si recitano frammenti di contemporaneità, descritti in scene surreali che lasciano trasparire il disagio del moderno; i personaggi sono comici, ironici, a volte spietati, ma comunque intrappolati nei loro deliri e prigionieri del linguaggio dei mass media.
Nella messa in scena aleggia ironia e umorismo, e così un eroe contemporaneo viene sconfitto semplicemente perché sbaglia la risposta di un quiz.

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