Il «momento è triste» per la Chiesa cattolica in Belgio e Papa Benedetto XVI ha deciso ieri di mettere tutto il peso della sua autorità e di condannare in prima persona «le deplorevoli e sorprendenti» perquisizioni compiute dalla magistratura belga - a caccia di documenti sui preti pedofili - nella cripta della cattedrale di Malines e nella sede dove era riunito lepiscopato belga. La formula scelta da Ratzinger è quella di un messaggio di solidarietà ai vescovi belgi.
Sul terreno scivoloso delle coperture date in passato dalle alte gerarchie ai preti abusatori, Benedetto XVI ha tenuto a puntualizzare che non si tratta di nessuna marcia indietro rispetto alla linea della trasparenza e della collaborazione con la magistratura da lui voluta: la giustizia ha il dovere di fare il suo corso, ha affermato, ma ciò deve avvenire «nel rispetto della reciproca specificità e autonomia» tra organi statali e Chiesa. Insomma, la ferita resta aperta, e per Roma la vicenda è tuttaltro che chiusa, anche se il ministro della Giustizia belga, Stefaan De Clerck, ha cercato di sdrammatizzare. «Non è il caso di farne un incidente diplomatico, durante la perquisizione - ha detto - i vescovi sono stati trattati normalmente». Due giorni fa, il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, aveva parlato di «un sequestro inaudito» dei presuli belgi, lasciati per nove ore senza cibo e senza acqua, un affronto mai accaduto - a suo dire - nemmeno nei passati regimi comunisti. La ricostruzione di Bertone è «un po esagerata», ha osservato De Clerck; forse il porporato - ha aggiunto - «si è basato su elementi non corretti».
Nel messaggio al presidente dei vescovi belgi, monsignor André-Joseph Léonard, Benedetto XVI ha però ribadito la sostanza delle critiche e dello sconcerto della Chiesa. Capita di rado che un Papa entri nel merito delle azioni delle magistratura di un altro Paese.
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