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Il Papa in Portogallo sulle tracce di Wojtyla

Il Portogallo che oggi spalanca le sue porte a Papa Ratzinger è diverso da quello che esattamente dieci anni fa accolse per l’ultima volta Giovanni Paolo II, venuto a Fatima per beatificare due dei tre pastorelli veggenti e per rivelare a sorpresa il contenuto del Terzo segreto. Quel segreto che ritenuto per oltre mezzo secolo profetico sulle sorti della Chiesa minacciata dall’apostasia, era invece legato all’attentato subito da Wojtyla nel 1981. Dieci anni fa il Portogallo appariva ancora come un’isola felice nell’Europa della secolarizzazione galoppante. Oggi, pur rimanendo la fede cristiana centrale, molti dei processi in corso nel resto continente hanno iniziato a manifestarsi.
È vero, come già accaduto nella cattolicissima Malta, Benedetto XVI sarà accolto dal calore popolare, da sventolio di bandiere bianche e gialle, da sinceri e affettuosi messaggi di vicinanza in questo momento difficilissimo e cruciale del suo pontificato, dai cartelli con la scritta «Obrigado Bento XVI», grazie Benedetto XVI; da due giorni di vacanza per i dipendenti pubblici (oggi solo per Lisbona, il 13 maggio per tutto il Paese) decretati dal premier socialista José Socrates. Ma il Portogallo è anche il Paese dov’è stata presentata una legge in favore dei matrimoni gay e si discute dell’aborto e dove anche la Chiesa non può più vivere di rendita sul passato.
Papa Ratzinger incontrerà una delle nazioni europee più colpite dalla crisi, costretta a mettere in agenda manovre aggiuntive molto pesanti e cercherà di ridare «speranza», parola chiave del suo 15° viaggio internazionale.
Il cuore del pellegrinaggio, che toccherà Lisbona, Fatima e Porto, sarà comunque la celebrazione del decennale della beatificazione di Francesco e Giacinta Marto, i pastorelli che nel 1917 videro una «bella signora» e che furono depositari - insieme a Lucia dos Santos - di segreti riguardanti gli orrori del secolo. Nel 2000 Ratzinger ebbe un ruolo determinante: preparò il commento teologico al segreto, accreditò l’interpretazione di Giovanni Paolo II, il quale si era riconosciuto nel «vescovo vestito di bianco» del Terzo segreto di Fatima, che viene ucciso insieme ad altri martiri. Il 13 maggio 1981, nel giorno della festa di Fatima, Wojtyla fu raggiunto dai colpi di Ali Agca e rischiò di morire. «Una mano ha sparato, un’altra ha guidato la pallottola», dirà il pontefice polacco, certo dell’intercessione della Vergine.
La rivelazione del 2000, giunta dopo mezzo secolo di interpretazioni ed elucubrazioni sul contenuto della profezia, pur essendo di carattere apocalittico, lasciò delusi coloro che credevano vi fosse predetta la crisi della Chiesa post-conciliare. La pubblicazione del segreto, tuttavia, non è servita a placare le congetture: il Vaticano è stato sospettato di non aver reso noto per intero il testo nel quale suor Lucia aveva annotato la visione e le parole dette dall’apparizione, e ancora oggi esistono gruppi di fatimisti che credono nell’esistenza di un’altra parte del Terzo segreto non ancora divulgata.
Un’ipotesi che è stata più volte seccamente smentita dal cardinale Tarcisio Bertone, oggi Segretario di Stato di Benedetto XVI, nel 2000 Segretario della Congregazione per la dottrina della fede guidata da Ratzinger.

Bertone fece da tramite tra la Santa Sede e suor Lucia, riportò a lei il testo del segreto custodito negli archivi dell’ex Sant’Uffizio fin dagli anni Cinquanta, parlò con lei dell’interpretazione da dare a quelle parole e delle intenzioni di Papa Wojtyla.

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