Pappalardi in lacrime: "Non li ho ammazzati io"

Attesa per lunedì la decisione del gip Romanazzi sull'istanza di scarcerazione presentata dal legale dell'uomo. Ieri l'udienza in procura a Bari durata tre ore

Pappalardi in lacrime: "Non li ho ammazzati io"

Bari - È sceso dal cellulare senza manette, ma con il volto provato, gli occhi scavati e spenti che riflettevano l’angoscia; poi, stretto in un giubbotto di pelle scuro e accompagnato dagli agenti, Filippo Pappalardi si è infilato nel Palazzo di giustizia di via Nazariantz, è salito al primo piano, ha varcato la porta dell’aula L per raccontare la sua verità ed è scoppiato in lacrime dinanzi al gip: «Lo giuro, non sono un assassino».

Erano passate da poco le 12.30 quando è cominciato l’interrogatorio del padre di Ciccio e Tore, 13 e 11 anni, i fratellini scomparsi a Gravina in Puglia il 5 giugno di due anni fa e trovati morti il 25 febbraio scorso sul fondo della cisterna di un vecchio palazzo abbandonato nel centro del paese. «Sono innocente», ha dichiarato Pappalardi, 42 anni, arrestato lo scorso novembre e rinchiuso nel carcere di Velletri con l’accusa di aver ucciso i figli. Gli inquirenti sono convinti che proprio la sera in cui sono svaniti nel nulla li abbia incontrati in piazza delle Quattro fontane e li abbia caricati in macchina. Ma lui nega: «Magari li avessi trovati, a quest’ora sarebbero ancora vivi».

L’interrogatorio è andato avanti per quasi tre ore, alla presenza del sostituto procuratore Antonino Lupo e dell’avvocato Angela Aliani, che ha chiesto la scarcerazione. Domande e risposte per fare luce sui punti oscuri di un’inchiesta divenuta traballante dopo il verdetto dell’autopsia, che ha chiarito le fasi della tragedia: i fratellini non sono stati picchiati, il più grande è morto per le lesioni riportate nella caduta, l’altro si è spento dopo una tremenda agonia lunga due giorni. Ma secondo la Procura il quadro accusatorio regge, e così nei giorni scorsi gli inquirenti avevano già dato parere negativo alla scarcerazione. «Se hanno la coscienza pulita lo libereranno», ha dichiarato ieri il padre di Pappalardi accorso in tribunale. «Noi - ha aggiunto - abbiamo molta fede, a noi ci salva la fede».

Insieme con lui la nuova compagna del 42enne, Maria Ricupero, e una sorella che ha chiesto di «rispettare il dolore per i bambini morti». «Ci avete distrutto venti mesi di vita, mio fratello è un uomo onesto», ha detto ai giornalisti.

«È affranto, molto provato e molto invecchiato», spiega il suo avvocato dopo l’udienza. La decisione del gip è attesa per lunedì. Gli inquirenti sono convinti che il padre dei fratellini sia stato l’ultimo a vedere in vita Ciccio e Tore, sono convinti che abbia mentito e depistato: nel parere contrario alla scarcerazione sottolineano «la condotta dello stesso indagato, connotata da reticenze e alibi falliti» e mettono in evidenza «i contenuti allarmanti delle intercettazioni da cui emerge significativamente che il padre conosceva la sorte dei suoi figli». Inoltre la Procura ritiene che non sussista più il pericolo di fuga, ma che ci sia il rischio di reiterazione del reato: per gli inquirenti Pappalardi potrebbe uccidere ancora.

Tuttavia si addensano pesanti dubbi sul quadro accusatorio. Dall’autopsia è stato accertato che Ciccio è caduto per errore, è sprofondato per 25 metri nella cisterna ed è morto dopo circa otto ore per le gravi lesioni riportate: la frattura di una vertebra, di una gamba e del bacino; Tore, invece, si è calato da un’altezza inferiore, dal primo dei cinque accessi di quel cunicolo, ha tentato di soccorrere il fratello, gli ha slacciato i vestiti e ha tolto le scarpe e lo ha vegliato fino a quando si è spento nel sonno, stremato da freddo e fame. Insomma, lo scenario che si delinea dagli accertamenti tecnici è quello di un tragico incidente.

E così, l’elemento chiave dell’inchiesta rimane la deposizione di un quattordicenne, che ha dichiarato di aver visto Ciccio e Tore la sera della scomparsa mentre salivano

sull’auto del padre. Ma i dubbi rimangono, mentre a Gravina in Puglia la gente continua a deporre fiori dinanzi alla “casa delle cento stanze”, il labirinto di baracche che s’è portato via il destino dei due fratellini.

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