Paquot e i forzati del lusso obbligatorio
3 Marzo 2007 - 03:03Levoluzione del superfluo in un saggio che sfocia nella banalità
«Quando affrontiamo il tema del lusso la prima regola che dobbiamo far nostra è: basta sensi di colpa». Così parlò Thierry Paquot, professione filosofo, che in Elogio del lusso (Castelvecchi, pagg. 154, euro 12,50) punta a convincerci dell«utilità dellinutile», come il pamphlet sottotitola. Lexcursus storico alla ricerca dei percorsi del possesso esclusivo e degli studiosi che se ne sono occupati è ben documentato e interessante. Ma se vogliamo conoscere la tesi dellelogio, che ci si augurerebbe provocatoria e originale, allorché viene esposta nelle ultime pagine con eccessiva semplicità ci chiediamo: tutto qui?
Paquot ha condotto studi approfonditi per concludere che il lusso è motore di progresso, evoluzione culturale e crescita economica. Non si può negare che senza laspirazione al «di più» e al bello lumanità non avrebbe fatto gli stessi sforzi per migliorare ed esplorare, e non avrebbe creato cose meravigliose. Di qui lautore passa allanalisi del pensiero utopico e delle sue relazioni con il lusso, per constatare che sono stati prodotti pensieri molto diversi; da un lato sognatori che auspicavano lequa ripartizione delle ricchezze, dallaltro teorici della diversificazione dei desideri e della massimizzazione dei piaceri individuali.
Ora, è facile essere daccordo sul fatto che il lusso ha subìto soprattutto di recente molte trasformazioni, e si è evoluto in un consumo sfrenato sempre più esclusivo per ricchi che non sono mai stati così ricchi, e in un consumo di massa di buon livello accessibile a tutti e senza frontiere. E che entrambe le declinazioni del lusso confinano il piacere in un ambito di acquisto e di utilizzo materiale. Però siamo anche daccordo sul fatto che il vero lusso sia migrato oltre il materiale, e appartenga alla sfera dellimmaterialità. Ecco dunque le magiche parole di Paquot: Tempo, Silenzio, Spazio. E da questa formula magica allenunciato di innocua banalità, il passo è breve. «Tre valori che invece vengono più che mai bistrattati e che formano le tre punte della stella del lusso, il cui splendore è offuscato dal mercato globale, dalla banalizzazione mondializzata dei prodotti di consumo e della maggioranza dei servizi», scrive. E ancora: «Il mio concetto si basa sullindipendenza mentale e sensoriale di ciascuno di noi di fronte ai miraggi del mercato. Questa autonomia, che impedisce di rimanere ancorati a un marchio e allimmagine che provano a incollarvi addosso, non è soltanto per i ricchi, ma dipende dalla capacità di interagire con i propri desideri».
Dallautore del fortunato Larte della siesta ci saremmo aspettati qualcosa in più.