Leffetto collaterale tuttaltro che imprevedibile della serrata dei talk show politici di Mamma Rai è il successo di La7 e delle altre emittenti rivali. Un successo di ascolti e di visibilità. Di pubblico e di critica. Di peso specifico e di rimbalzo sulla carta stampata. La par condicio della politica si trasforma in una dispar condicio mediatica.
In pratica, con leccezione di Linea Notte del Tg3 e di Sky, che giovedì prossimo trasmetterà la diretta da Bologna di Rai per una notte con Michele Santoro, dopo la sentenza con la quale il Tar del Lazio ha riattaccato la spina alle tv commerciali, la rete di Telecom Italia è diventata il rifugio dei politici. Affollano Omnibus, la mattina presto; vanno a Otto e mezzo, chez Dietlinde (Lilli) Gruber; siedono nei salotti della prima serata di Gad Lerner e Luca Telese. Tutti programmi che hanno tonificato lo share e, daltronde, con la penuria di informazione e dibattiti che cè in giro, cè poco da stupirsi. È un fatto di vasi comunicanti, di travaso di spettatori da un canale allaltro con il semplice uso del telecomando. Il potere democratico e liberale del quale, gran parte delle dottissime analisi psico-socio-mediologiche di questi giorni tendono a rimuovere. La Rai lobotomizzata per par condicio, per legge, per decreto, regolamento, diktat politico, rimpallo tra Consigli di amministrazione e Commissioni di Vigilanza, per scaricabarili vari, per debolezza gestionale e carenza dorgoglio aziendale: ecco, questa Rai anestetizzata funziona da cura ricostituente per la concorrenza.
Se lo può permettere, resta leader negli ascolti, ha buttato lì, poco convinto, il direttore generale Mauro Masi nellencomiabile tentativo di difendere lindifendibile serrata dei talk show. Invece, la leadership si assottiglia e le emittenti rivali alzano la cresta. Mediaset lo fa senza bisogno di spingere sullacceleratore dellattualità pre-elettorale (e forse, in questo momento, non avrebbe nemmeno lanchorman giusto per farlo), evitando così di esporsi allaccusa di approfittare degli impacci di viale Mazzini, circostanza che la confermerebbe nel ruolo di soggetto passivo del conflitto dinteressi. La7, invece, ci dà dentro alla grande, perché non dovrebbe? Mentre Sky manderà in onda un programma di critica alla Tv di Stato con il logo Rai nel titolo e Santoro, Travaglio e Luttazzi a guidare lassalto al palazzo di vetro di Viale Mazzini.
E dunque.
Basta un semplice clic per emanciparsi dal black out e trovare subito un Sandro Bondi o un Leoluca Orlando, un Gasparri o un Gentiloni purchessia. Giusto per sedare lastinenza forzata da talk show. Elementare, Masi. Se nella Tv di Stato cala la marea della telepolitica, affiorano le secche delle altre televisioni. Lha detto papale Gad Lerner laltro giorno commentando gli ascolti del suo Infedele dedicato a Berlusconi indagato a Trani (4,7 di share, 1,5% in più rispetto alla puntata precedente, quella sui chiacchierati affari di Telecom): «La censura delle news Rai favorisce i nostri ascolti a La7. Ma è concorrenza sleale: resta unindecenza».
E chissà, forse per smussare la presunta slealtà della concorrenza, insieme a Parla con me della Dandini che ieri sera ha ospitato Santoro, La7 sembra aver stretto una sorta di alleanza con gli imbavagliati di Mamma Rai. «Chiudono Ballarò e Annozero ed è una pagina brutta, bruttissima», ha osservato in un video sul CorriereTv Aldo Grasso «ma non cè stata una risposta globale del sistema televisivo. Mi aspettavo i fuochi dartificio degli altri... chessò Lilli Gruber, Alessio Vinci, La7 con tutti i suoi servizi giornalistici... Invece, tolto Lerner...». In realtà, proprio Santoro collegato telefonicamente con LInfedele, lunedì sera su La7 ha inaugurato il piccolo tour collettivo dei conduttori silenziati dalla Rai.
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