Sudafrica 2010

Il Paraguay: "Occhio Spagna, non siamo più solo grinta"

Alle 20,30 l'ultimo dei quarti di finale. La Spagna favorita sfida la sorpresa Paraguay. L'ex nazionale sudamericano Gamarra presenta i suoi: "Abbiamo classe e un portiere con una marcia in più"

Il Paraguay: "Occhio Spagna, non siamo più solo grinta"

La Spagna non arriva in semifinale dal 1950. Inutile dire che la sfida di questa sera contro il Paraguay rappresenta un’occasione più che ghiotta per sovvertire 60 anni di delusioni. Una Spagna così forte, probabilmente, non si è mai vista (per i bookmaker è la favorita alla vittoria finale): attenzione però al Paraguay che ha finora costruito il proprio cammino in Sudafrica su una difesa di ferro. Molto dipenderà dalla freschezza degli uomini di Bielsa che hanno nelle gambe anche i supplementari contro il Giappone agli ottavi. «Cercheremo di entrare tra le migliori quattro», ha detto il ct Vicente Del Bosque, che in attacco punterà ancora sul niño Torres, finora molto in ombra: «Fernando è un giocatore speciale, con lui bisogna avere pazienza. A uno come lui bisogna dare la massima fiducia».

Lui è la leggenda dell’Albirroja, perché nessuno è riuscito fino ad ora a scalfire quel record di 110 presenze con la maglia della nazionale. L'ex interista Carlos Gamarra, 39 primavere, segue con trepidazione l'avventura della squadra di Gerardo Martino, ed è convinto che la partita con la Spagna non sarà a senso unico. «Nonostante il Paraguay abbia nelle gambe i tempi supplementari col Giappone, l'entusiasmo ci aiuterà a recuperare energie».

Si aspettava di trovare il Paraguay nei quarti?
«Sì. Questa è la squadra più forte di sempre. È finita l'epoca dell'Albirroja tutta grinta e poca tecnica. La forza fisica è rimasta intatta, ma i giocatori sono cresciuti sotto l’aspetto della classe anche in virtù delle esperienze accumulate in Europa».

Quindi la gara con le Furie rosse non diventerà un monologo.
«Parliamoci chiaro, la Spagna è probabilmente la formazione più completa tra quelle presenti ai mondiali. Però ho notato che ha avuto difficoltà in tutte e quattro le partite fin qui disputate. In attacco c’è un Villa in stato di grazia, ma i nostri centrali Alcaraz e Da Silva valgono almeno quanto me e Celso Ayala negli anni Novanta. Quindi possiamo stare tranquilli».

A cosa è dovuta questa evoluzione del calcio paraguayano?
«Alla voglia dei giovani di emergere. Sento che i nostri politici iniziano ad attribuirsi meriti senza averne il diritto. Mi chiedo dove fossero quando imploravamo sostegno e contributi per i settori giovanili dove manca davvero di tutto. Il calcio paraguayano si è sviluppato nell'assoluta indigenza».

Chi sarà il giocatore determinante?
«Credo nella forza del gruppo, ma soprattutto ho fiducia nel nostro portiere Villar. Non me ne voglia Chilavert, ma questo ragazzo ha davvero una marcia in più».

Lei ha giocato in Italia per circa tre stagioni, che cos’è mancato agli azzurri in Sudafrica?
«Credo di andare controcorrente dicendo il centrocampo. L’ho notato nella gara d’esordio contro i nostri. Nella zona nevralgica eravamo sempre noi ad avere la meglio. Ma è solo una fase. L’Italia ha i mezzi e i giocatori per risollevarsi».

A proposito di Italia, ai tempi della sua militanza l’Inter poteva disporre di grandi campioni esattamente come ora. Però in quegli anni non siete riusciti a vincere nulla.
«Rispetto alla mia Inter è rimasto solo el señor Moratti e la sua grande passione. Non si è mai scoraggiato, ma per vincere ha dovuto creare un'organizzazione migliore a livello societario.

Mancini e Mourinho hanno lavorato bene e vinto parecchio, anche perché erano sostenuti da una struttura che ai miei tempi francamente non esisteva».

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