da Parigi
«È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago piuttosto che una persona qualunque trovi in questi giorni un taxi a Parigi», mi dice - attendendo stoicamente unauto pubblica - una signora sulla cinquantina, di professione pittrice e scultrice, con cui ho azzardato una conversazione con un pretesto qualsiasi in questi giorni di sciopero dei trasporti. Dopo mezzora dattesa un taxi libero si materializza di fronte a noi. Uscendo dalla capitale incontriamo una dozzina di persone, disposte ordinatamente una dietro laltra alla Porte dOrléans, allultimo semaforo prima dellautostrada. Ciascuno di quei distinti signori e di quelle gentili signore ha in mano un foglio con la scritta di una località della banlieue parigina. Qualche auto si ferma e raccoglie quei curiosi autostoppisti, che magari sono ingegneri, infermiere o agenti delle tasse. Cè almeno una cosa buona in questo sciopero demenziale di chi vuol continuare ad andare in pensione a soli 50 anni: le difficoltà del traffico favoriscono unondata di solidarietà fra chi ha unauto e chi ha in mano un foglio con la scritta di una località.
Molte auto non possono fermarsi perché sono già piene: grazie ai siti internet molta gente si è messa daccordo la sera precedente per darsi un appuntamento allo scopo di viaggiare insieme. Anche questa è solidarietà. Sullautostrada verso Orly vedo le code impressionanti della periferia parigina alle 9 del mattino in un giorno di sciopero dei trasporti. La corsia opposta dellautostrada, quella che conduce verso la capitale, è piena di auto, incolonnate per chilometri e chilometri. Almeno dieci chilometri consecutivi. Intanto la radio annuncia che - sommando tutte le code sulle strade e le autostrade che portano verso la capitale - si arriva alla cifra impressionante di 350 chilometri. In effetti la strada verso Parigi è una via crucis. Le auto incolonnate procedono a singhiozzo, come se fossimo paralizzati da un incidente. Per fortuna di veri incidenti non ce ne sono, eccezion fatta per un tamponamento, che provoca una lite inutile e un po sciocca tra due signore intente a scambiarsi una raffica di insulti. Lingresso a Parigi è un imbuto attraverso cui passano col contagocce auto guidate da persone con i nervi che più tesi non si può. In questi giorni di sciopero di ferrovie, autobus e metropolitane tutti si arrangiano per cercare altre soluzioni e mi capita di vedere un giovane procedere con una macchina stranissima, con grandi gomme che sembrano sproporzionate per la dimensione di quel mezzo.
Rientrato nel cuore della capitale, percorro a piedi un paio di chilometri del boulevard Saint Michel dalle parti della Sorbona. Di autobus neanche lombra, ma in compenso la corsia preferenziale dei mezzi pubblici è diventata il dominio assoluto di biciclette e pattinatori. Persone di ogni età scorrazzano su quelle strane rotelle in modo più o meno maldestro. Una scena in fin dei conti allegra che fa a pugni con quella che si prospetta a sole poche decine di metri di distanza: la Sorbona è pattugliata dalle forze dellordine, pronte allintervento, e un gruppo di studenti distribuisce volantini bellicosi, che incitano «alla lotta». Che strano. La «legge sullautonomia degli atenei», contro cui quei giovani dicono di voler lottare, è stata votata quattro mesi fa, ma la protesta esplode proprio ora, in coincidenza con lo sciopero dei trasporti. Le malelingue dicono che i sindacati studenteschi di sinistra siano protagonisti di una pura e semplice operazione politica contro il governo e contro il presidente della Repubblica Nicolas Sarkozy.
Meglio andare avanti sul boulevard Saint Michel in direzione della Senna. A metà giornata la città sembra tranquilla. Ma è la calma prima della tempesta. A partire dal pomeriggio si scatena il flusso dei pendolari, che lasciano Parigi con ogni mezzo.
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