Alberto Pasolini Zanelli
da Parigi
Lultima giornata della campagna elettorale doveva essere per i francesi, come da galateo, dedicata alla «riflessione», il momento più pacato prima del voto. E invece le ultime ore si sono accese come in una girandola e i toni non sono mai stati così alti, soprattutto nel senso di rumorosi. E il risultato, di conseguenza, è tornato ad essere in forse, a causa di una massiccia offensiva finale del fronte del «sì» e della rabbia che esso ha provocato nella variopinta assemblea dei «no».
Ci si sono messi un po tutti, ma ad accendere le polveri davvero è stato Valery Giscard dEstaing, un uomo del passato mai estremamente popolare ma che proprio la nuova Costituzione europea ha riportato dattualità, dal momento che la prima firma in calce al documento è la sua e lui ha diretto e influenzato dibattiti e compromessi. E Giscard ha parlato poche ore dopo Chirac, con la consueta differenza di toni oltre che di argomentazioni. Il presidente in carica aveva fatto un appello razionale e patriottico a un tempo, rivendicando unEuropa alla francese come formula dellavvenire e, intanto, un baluardo contro un «liberalismo senza freni» e, senza citarlo, il dominio mondiale dellAmerica di Bush. Aveva, insomma, strizzato locchio a sinistra.
Il suo predecessore ha colpito dallaltra direzione, parlando da europeo di Francia più che da francese dEuropa. Ha scelto per pulpito Berlino, pochi minuti dopo che il Bundesrat, dominato dallopposizione di centrodestra, aveva ratificato quasi allunanimità la Costituzione europea già sancita dal Bundestag, ancora a maggioranza socialdemocratica. E ha fatto un discorso nuovo, che taluno può aver trovato sconcertante: se la Francia domani voterà «no», la conseguenza sarà che dovrà essere chiamata di nuovo alle urne, eventualmente assieme ad altri Paesi europei, perché il «sì» è destinato comunque a prevalere su scala continentale. «È la sola soluzione se ci troveremo totalmente minoritari nel sistema. La Germania ha ratificato la Costituzione e così hanno già fatto altri otto Paesi. Spero con tutto il mio cuore che la Francia faccia lo stesso nelle prossime ore. Ma in ogni caso il lavoro non potrà ricominciare da capo, non potrà fermare le procedure degli altri. Alla conclusione del processo, entro lottobre 2006, si tireranno le somme e se qualcuno avrà detto di no, toccherà a lui essere interpellato di nuovo».
Una «profezia» che ha riscaldato gli animi; in Francia e nel resto dEuropa. Giscard aveva appena finito di parlare quando da Bruxelles è arrivata la conferma da parte di un portavoce dellUe: «È chiaro che tutti i governi e tutte le istituzioni rimangono unite nel desiderio che la Costituzione entri in vigore». Il «fronte del no» ha reagito con furia, guidato dai «dissidenti» dei due maggiori partiti. Il socialista Laurent Fabius, ha dichiarato addirittura in pericolo «la volontà del popolo francese». Lex ministro dellInterno Charles Pasqua, presidente del gruppo gollista dissidente Rpf, si è spinto fino a denunciare una «negazione del suffragio universale» ed ha aggiunto, con acerbo sarcasmo, i suoi ringraziamenti a Giscard dEstaing, «perché le sue parole portano acqua al nostro mulino». Stessi toni da parte dellestrema destra di Le Pen e, naturalmente, del Partito comunista il cui leader Marie-George Buffet ha chiuso la campagna per il «no» dividendo il podio con lex segretario della Spd tedesca Oskar Lafontaine, appena passato allestrema sinistra per sfidare il Cancelliere Schröder.
Ma è il «fronte del sì» a disporre in Europa dei «cannoni» più grossi. Schröder era in quelle ore a Tolosa in un comizio assieme a Dominique Strauss-Kahn, ministro del governo Jospin e possibile candidato della sinistra alla corsa per lEliseo nel 2007. E il rivale numero uno del Cancelliere, il primo ministro cristiano-sociale bavarese Edmund Stoiber, ha espresso pieno appoggio per gli argomenti di Giscard. È dallintero spettro politico europeo che vengono consigli del genere. L«enfant prodige» della sinistra continentale, Josè Luis Zapatero, è comparso in unaltra manifestazione elettorale a Lille.
Rimane da vedersi, naturalmente, se ci saranno elettori che si lasciano convincere a cambiare idea nelle ore conclusive, e quanti. Essendo i sondaggi vietati in Francia in questi due giorni, le indicazioni vengono da due rilevazioni pubblicate fuori Francia: una dà il no al 56%, ma laltra rivela come lintervento di Chirac abbia invertito la tendenza verso il «no» ma in misura per ora non sufficiente a rimontare il distacco. Dal 55 per cento gli elettori orientati verso il «no» sarebbero scesi al 52 per cento. Un altro passo e sarebbe la parità.
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