Cronaca locale

Parini, boicottati i consigli di classe

Le riunioni avrebbero dovuto stabilire le sospensioni

Gioia Locati

Boicottati i quattro consigli di classe al liceo Parini. I sei studenti che avrebbero dovuto essere giudicati ieri pomeriggio per i danni provocati durante le occupazioni hanno spedito il certificato di malattia. Ergo: i «processini» slittano per la terza volta fra la rabbia dei professori e dei loro compagni rappresentanti, costretti a presentarsi in consiglio per niente. Fra le accuse motivo di sospensione ci sono anche la violenza personale e le minacce. Una studentessa dell’ultimo anno, Cristina, (il nome è di fantasia) è stata chiamata a testimoniare per aver preso calci, pugni e spintoni. «Mi hanno colpita in due - ha riferito la studentessa - un ragazzo e una ragazza. Durante la prima protesta (del 13 dicembre proclamato “occupa tutto day”) avevo contestato la chiusura delle porte del liceo, volevo che almeno quelle anti-incendio restassero aperte visto che al Berchet si è sollevata una fiammata per un rotolo di carta igienica. Sono stata presa a calci dalla ragazza e sbattuta contro una porta dal ragazzo. Quest’ultimo, l’unico che ha ammesso di avermi messo le mani addosso, ha avuto la pena massima, 12 giorni di sospensione (era fra i cinque giudicati durante il primo consiglio). Non è finita: sono stata minacciata di morte in pubblico, davanti a un sacco di gente, compresi alcuni professori. E da Dario Fo - che una volta stimavo poiché faccio parte anch’io di un gruppo di sinistra - mi sono sentita dire che sono una capofascista. Mi ero permessa di commentare che per pronunciarsi contro le sospensioni bisogna conoscere bene i fatti che riguardano una scuola e lui mi ha risposto in quel modo. Credo che se una persona importante e famosa come lui (in grado di influenzare molti) prende una posizione senza conoscere bene i fatti può fare danni».
Secondo Cristina, al Parini «ci sono tante situazioni al limite della legalità». Un esempio? «L’auletta occupata dai collettivi. È dall’inizio dell’anno che il preside cerca di liberarla dagli studenti, prima con i lucchetti, poi inchiodando alla porta le assi in legno, infine rivolgendosi alla Provincia: un nulla di fatto».
L’anno scorso i collettivi di sinistra avevano chiesto uno spazio da autogestire all’interno del liceo (in passato la sinistra poteva disporre di un’aula propria al Parini), il preside aveva offerto ai ragazzi l’ex aula professori. E da qui partì il contenzioso: i collettivi non gradirono quello spazio, «simile a uno sgabuzzino» e si presero, occupandola, un’aula più spaziosa («per metterci i computer») che dà su un cortile interno («per aprire un bar autogestito»). All’inizio di quest’anno il dirigente ha cercato di restituire quell’aula alla scuola con vari tentativi, tutti andati a vuoto.
Torniamo a ieri: in via Goito, verso le 17, arriva una professoressa (di inglese), è stata chiamata a partecipare al consiglio di classe, è in bicicletta ed è furente: «Ci fanno perdere un sacco di tempo per niente, è la seconda volta che ci chiamano e poi boicottano la seduta». Un’altra insegnante (di tedesco), si defila in fretta, un minuto per un commento amareggiato: «È triste che non si riesca a pensare solo ai ragazzi ma che tutto sia mediatico e basta». Andrea, rappresentante di classe in prima liceo, commenta: «Per me non presentarsi è stata una stupidata.

Così peggiorano la loro posizione, i prof ormai li vedono male anche perché sono obbligati a venire qui per presiedere».

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