Parisi confessa: in Afghanistan truppe speciali

Adalberto Signore

da Roma

A forza di correre sul filo di equilibri e compromessi, ci sta pure che alla fine arrivi lo scivolone. Così, quando Arturo Parisi si avventura in una didascalica descrizione dell’attività del contingente militare italiano in Afghanistan - elargita in fitto burocratese ad uso e consumo dello scetticismo della sinistra radicale - la gaffe è di quelle che fanno rumore. «Abbiamo rafforzato la nostra capacità operativa a Kabul e ad Herat - spiega il ministro della Difesa - con la presenza di truppe speciali. Elementi che sono comunque a supporto di un’azione complessiva che resta definita nei limiti entro i quali operava in precedenza il contingente italiano». E aggiunge cauto: «Abbiamo tuttavia previsto la possibilità che determinati reparti del nostro contingente possano essere impiegati in zone diverse dall’ovest del Paese ma solo in situazioni straordinarie». In questi casi, spiega didascalico, la procedura è però rigidissima. «I comandanti sul terreno - dice il ministro della Difesa - devono chiedere autorizzazione al governo che si è impegnato a dare una risposta positiva o negativa entro 72 ore».
Passano pochi minuti e apriti cielo. Con l’opposizione e la sinistra radicale che, seppure per ragioni diverse, si scagliano contro Parisi. Il centrodestra perché il ministro avrebbe dipinto una procedura - quella delle 72 ore - «che è un misto tra il dramma e la farsa». Prc e Verdi, invece, indignate per la decisione di «rafforzare il contingente militare in Afghanistan» con l’invio di truppe speciali, una notizia - per la verità - che risale a quasi un mese fa. «L’annuncio che i nostri militari potranno essere usati anche nel Sud del Paese - fa sapere il capogruppo di Rifondazione al Senato Giovanni Russo Spena - contraddice l’accordo della maggioranza che ha consentito il voto sulle missioni in Parlamento». «Un annuncio del genere - spiega l’esponente del Prc - è molto grave». E pure dai Verdi, per bocca del capogruppo alla Camera Angelo Bonelli, arriva una «richiesta di chiarimenti» a Parisi. Che è repentina. La presenza di forze speciali - si legge in una nota del ministero della Difesa - data dall’inizio del semestre e non configura perciò un rafforzamento successivo». Parole che aprono la strada a una rapida soluzione della querelle, con Rifondazione che manifesta tutta la sua «soddisfazione». «Prendiamo atto - dice Russo Spena - della precisazione. E ribadiamo la necessità di alleggerire la nostra presenza in Afghanistan». Fa retromarcia pure Bonelli, seppure con qualche perplessità in più. «Ricordiamo - ci tiene a ripetere l’esponente dei Verdi - che siamo tutti impegnati a rispettare la mozione approvata in Parlamento, che non prevede l’invio di militari nel sud dell’Afghanistan».
Resta aperta, però, la questione delle regole d’ingaggio. Con Forza Italia che non lesina critiche. Parisi, dice Fabrizio Cicchitto, «introduce un elemento di oggettivo umorismo in una situazione assai seria». «Che per situazioni di emergenza assoluta - attacca il vicecoordinatore azzurro - i comandanti sul campo debbano chiedere l’autorizzazione al governo e il governo debba rispondere entro 72 ore, significa che purtroppo il dramma si mescola con la farsa».

Va oltre Osvaldo Napoli, membro del direttivo di Forza Italia, che chiede al ministro della Difesa «un chiarimento in Parlamento». «Aspettare 72 ore - dice il deputato azzurro - per avere eventuali risposte dal governo per operazioni sul campo significa mettere a rischio la vita dei nostri soldati».

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