Politica

Parlamento diviso, il risiko porta al Quirinale

Spetterà a Ciampi conferire mandati esplorativi per cercare un’intesa tra i Poli e, in caso di fallimento di questo tentativo, sciogliere ancora le Camere

Mario Sechi

da Roma

La corsa alla Camera e al Senato è all'ultima curva, Montecitorio è dell'Unione per una manciata di voti, mentre Palazzo Madama è nelle mani della Cdl anche se per un solo senatore di vantaggio. Il risultato finale è ancora incerto e sul tavolo intanto piovono una serie di temi e problemi che non potranno essere rinviati. La seduta inaugurale del nuovo Parlamento è già stata fissata per il 28 aprile e le scadenze istituzionali da quella data cominceranno a scorrere sul calendario come un fiume in piena.
Il problema dei problemi è quello della cosiddetta governabilità, una stabilità del quadro politico cancellato dal risultato finale delle elezioni. Se sarà, come pare orami probabile, l'Unione ad avere lo scettro, sarà davvero interessante vedere Romano Prodi mettere d'accordo una coalizione che va dal cattolico ultramoderato Clemente Mastella al noglobal Francesco Caruso. Una missione quasi impossibile e lo si capisce benissimo dai commenti affannosi del centrosinistra, in cerca di una via d'uscita da quella gabbia in cui si è imprigionato per mancanza di prudenza e realismo.
Si tratta per ora di scenari virtuali, realisticamente non è semplice governare con un Senato a maggioranza precaria. Si tratta di un'avventura ad alto rischio, ma teoricamente è possibile. L'importante è trovare una maggioranza non ad assetto variabile perché altrimenti il prezzo da pagare, soprattutto in caso di fallimento dell'avventura, sarebbe altissimo: la bocciatura ad una tornata elettorale a distanza ravvicinata. Guadagnare sei mesi di potere per cederlo subito dopo per un quinquennio non sembra un buon investimento. I ragionamenti in queste ore corrono velocissimi. L'idea che in serata era balenata di un ticket tra Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini rispettivamente per il Quirinale e Palazzo Chigi è tramontata con l'affermazione dell'Unione alla Camera.
A questo punto si aprono subito i giochi non solo per il governo ma anche per le presidenze delle Camere e la Presidenza della Repubblica. A Montecitorio e Palazzo Madama infatti, a causa delle maggioranze diverse, potrebbero essere eletti alla presidenza esponenti di entrambe le coalizioni: Camera a presidenza Unione e Senato a presidenza Cdl. E’ ancora presto per dire se ci sarà un accordo bipartisan di questo tipo in uno scenario finale di netta contrapposizione e dopo una campagna elettorale così aspra.
Per la Presidenza della Repubblica invece il discorso passa necessariamente per la maggioranza qualificata che, dopo la terza votazione passa a maggioranza assoluta degli aventi diritto. I grandi elettori che votano per la presidenza della Repubblica sono 1010,, di cui 630 deputati, 315 senatori, sette senatori a vita e 58 rappresentanti delle Regioni. La maggioranza assoluta è pari a 506 voti. In teoria l'Unione potrebbe metterli insieme.
È uno scenario ancora prematuro, ma possibile. Per ora nel risiko istituzionale c'è una sola certezza: Carlo Azeglio Ciampi che si trova nella situazione ideale per un altro settennato. E se la partita per il Quirinale è prematura, vero è che per il governo in queste ore le alchimie abbondano. Se quello dell'Unione resta in virtualmente in pisto, c'è chi vagheggia uno scenario tedesco. Troppo vicina nel tempo e nello spazio la crisi della Germania per non essere rievocata. Gianni De Michelis che aveva caldeggiato la soluzione teutonica durante la campagna elettorale ci ha riprovato ieri, ma la Grosse Koalition tenta anche Bruno Tabacci (a dire il vero isolato nell'Udc). Nella sinistra un pezzo dell'ala centrista sarebbe pronta a sostenerla, ma non i Ds.
Il nodo della crisi post-voto potrebbe passare nelle mani di Ciampi che potrebbe decidere di dare incarichi esplorativi e saggiare il terreno del confronto istituzionale tra le coalizioni. Il ruolo del Quirinale sarà decisivo, il vero snodo di tutte le partite future. E' per questo che è fondamentale la scelta tra una soluzione di continuità (Ciampi) o un cambio del dominus al Colle.
Il centrosinistra ragiona sulle sue difficoltà interne, l'insuccesso dei Ds è sul tavolo e la Margherita nonostante un risultato poco esaltante ha migliorato il suo rapporto di forza all'interno dell'Unione. Fassino realisticamente sta guardando la situazione complessiva e lo stesso segretario della Quercia ieri di fronte a una situazione ingarbugliata avanzava un'ulteriore ipotesi per uscire dal cul de sac: un governo tecnico per passare l'estate e arrivare al voto in settembre. Ma c’è un’altra ipotesi: rabberciare la situazione al Senato aprendo la «campagna acquisti».

I giochi sono appena cominciati.

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