Roma - Contributivo per tutti. Anche per i parlamentari, senatori, deputati e dipendenti delle Camere. La distanza, costellata di vantaggi e benefici, tra la «casta» e il resto dei lavoratori resta ma innegabilmente si accorcia. Dall’1 gennaio 2012 in poi neppure «loro», i privilegiati, potranno andare in pensione a 50 anni, dovranno aspettare i 60 anni anche se hanno alle spalle più di una legislatura e i 65 per chi invece ne ha una soltanto.
Però c’è anche chi riesce a trasformare in un più quello che avrebbe dovuto essere un meno. La scure si è abbattuta pure sui deputati che non hanno mollato la loro poltrona di sindaco una volta entrati in Parlamento. Ora per chi è primo cittadino di comuni con oltre 20.000 abitanti è stata dichiarata l’incompatibilità su proposta di Pino Pisicchio (Api). Sei i deputati interessati ma Luciano Dussin, Lega, ha già annunciato le dimissioni dalla Camera. Gli altri (Nicolò Cristaldi, Giulio Marini, Adriano Paroli, Michele Traversa, Marco Zacchera, tutti del Pdl) avranno 30 giorni di tempo per decidere che cosa vogliono fare da grandi. Bel gesto quello di Dussin, applaudito dai suoi quando è stata annunciata la sua decisione nell’aula di Montecitorio. Bel gesto sì. Ma a voler essere maligni si potrebbe sospettare che lo abbia fatto per andare subito in cassa. Il deputato che è del ’59 ed ha due legislature alle spalle andrà in pensione col vecchio trattamento. Chissà che cosa faranno gli altri.
È stato deciso poi di sospendere anche la diaria per i senatori quando sono assenti. La diaria, ovvero il rimborso spese per il soggiorno a Roma, veniva fino ad ora soltanto ridotta in caso di assenza. Insomma pure se il parlamentare non c’era gli davano comunque, oltre a tutto il resto, il rimborso spese per «non» essere andato al lavoro. Come si è arrivati a compiere questo passo? Il presidente del Senato, Renato Schifani, respinge la tesi che questa sia una vittoria dell’antipolitica. «L’ufficio di presidenza ha votato all’unanimità la riforma dei vitalizi e ora il Senato è più in sintonia con il Paese - dice Schifani - Una cosa è certa: non significa che ci arrendiamo all’antipolitica».
Identica la decisione presa dall’ufficio di presidenza della Camera ma qui le cose non sono filate lisce come a Palazzo Madama. La Lega e l’Italia dei valori infatti hanno votato contro la delibera perché, dicono, «si poteva fare di più». Anche al personale di Montecitorio si applicherà il contributivo pro rata e sarà alzata a 66 anni l’età della pensione.
Lascia perplessi invece la proposta del presidente Pd, Rosi Bindi che, con una modifica al regolamento interno, ha concesso la facoltà a ogni deputato di rinunciare al proprio vitalizio. Una rinuncia che fino a oggi non era praticabile. Ciascuno, spiega la Bindi «potrà concordare per sé l’applicazione di un regime meno favorevole di quello in vigore» e lancia la sfida alla Lega e all’Idv che chiedevano tagli più netti sui vitalizi.
Sarà interessante andare a vedere chi rinuncerà sua sponte.
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