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«In Parlamento siedono amici dei terroristi»

«In Parlamento siedono amici dei terroristi»

da Bologna

«I terroristi non sono maestri di vita e non hanno nulla da insegnare». Da qui è partito l'attacco durissimo di Paolo Bolognesi, presidente dei familiari delle vittime della strage alla stazione di Bologna (85 morti e 200 feriti) -di cui ieri cadeva il 27° anniversario- contro gli ex terroristi che popolano dibattiti, televisioni e scaffali di librerie e «gli amici dei terroristi che siedono in Parlamento». Al suo fianco, sul palco davanti alla stazione, un impassibile premier Romano Prodi, arrivato a sorpresa nella sua Bologna per partecipare alla commemorazione. Nel mirino di Bolognesi, soprattutto il senatore Giovanni Russo Spena, capogruppo al Senato di Rifondazione comunista, accusato di aiutare gli «amici» terroristi, di destra e sinistra, tra cui Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, i due militanti dei Nar condannati per la strage di Bologna, sui quali il portavoce di Russo Spena, Andrea Colombo, ex giornalista del Manifesto, ha scritto di recente un libro innocentista.
Mentre Prodi invitava a «non cercare la vendetta, ma la verità» di una strage che ha ancora molti punti oscuri, tra cui i mandanti, Bolognesi accusava: «Assistiamo a un clima di estrema indulgenza nei confronti di personaggi come Scalzone, oggi in Italia grazie alla totale prescrizione dei suoi reati, Battisti, assassino latitante che secondo il senatore Russo Spena dovrebbe essere graziato, Renato Curcio, tra i fondatori delle Brigate Rosse, che gira il Paese partecipando a conferenze in cui attacca il 41bis, ovvero il carcere duro per i bosso mafiosi, e Mario Tuti, pluriomicida anch'egli neoconferenziere». E ancora, rivolgendosi alla maggioranza e al presidente del Consiglio, accanto a lui: «Gli amici dei terroristi - ha affermato - hanno grandi e potenti mezzi: uno di loro, Sergio D'Elia (ex Prima Linea oggi nella Rosa nel Pugno, ndr) è addirittura parlamentare e segretario di Presidenza della Camera dei deputati». Quindi l'affondo: «Chi può stupirsi dei rigurgiti del terrorismo di ogni colore, se in Italia l'omicidio politico è stato un mezzo per fare carriera? Chi può stupirsi se in Parlamento siedano tanti amici dei terroristi?».
Di fronte all'atto d'accusa, il segretario dei Ds, Piero Fassino, anch'egli presenta sul palco a Bologna, ha detto di non scandalizzarsi per i cambiamenti di rotta degli ex terroristi, pur comprendendo «il dolore di chi ha perduto dei familiari in attentati». Perché secondo Fassino chi ha ammesso gli errori del passato è giusto sia destinatario di provvedimenti di clemenze e possa tornare a partecipare alla vita del Paese. Prima di sapere di essere stato chiamato in causa, da Roma il senatore Russo Spena aveva espresso piena solidarietà a Bolognesi. Poi, due ore dopo, le agenzia battono le nuove dichiarazioni: «Sono d'accordo con Fassino - dice il bertinottiano, anch'egli comprensivo verso il dolore dei parenti delle vittime - quando difende lo stato di diritto e le garanzie costituzionali di persone che hanno commesso reati legati al terrorismo e hanno pagato il loro debito con la giustizia». L'appello di Bolognesi, dunque, lanciato dal palco che ieri ha ricordato il più sanguinoso atto terroristico compiuto in Italia in tempo di pace, è destinato a cadere nel vuoto. «La cosa che più colpisce - ha invece avvertito il vicepresidente al Senato della Lega, Roberto Calderoli - è la frase pronunciata sugli amici dei terroristi che siedono in Parlamento. L'accusa è gravissima - ha concluso - e il Parlamento e il governo non possono questa volta fare finta di nulla».
Ma nella piazza, anche mentre Bolognesi parlava, alcuni giovani di un circolo anarchico distribuivano volantini con la scritta «Terrorista è lo stato», la stessa che qualche mese fa apparve sul muro davanti alla casa della famiglia Biagi, ucciso dalle Br. Per il volantinaggio, la Digos ha denunciato sei persone tra i 17 e i 33 anni.

Sotto il palco ci sono stati anche alcuni momenti di tensione quando un gruppo di militanti del sindacato di base Rdb-Cub e dei Giovani Comunisti del Prc hanno fischiato l'intervento del ministro del Lavoro Cesare Damiano, venendo però subissati dagli applausi della piazza.

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