RomaIl Parlamento sta con Nicola Cosentino: mentre la Camera nega le manette ai polsi del sottosegretario allEconomia, il Senato boccia chi lo vorrebbe disarcionare dalla poltrona di Palazzo Chigi. Nessun arresto e nessuna dimissione forzata, insomma, anche se la magistratura continuerà ad indagare su di lui. In mattinata, infatti, la Giunta per le autorizzazioni a procedere di Montecitorio respinge la richiesta di custodia cautelare in carcere avanzata dai magistrati di Napoli nei confronti dellesponente campano del Pdl, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. In serata, Cosentino commenta esprimendo fiducia nel fatto che anche lAula seguirà la decisione presa in Giunta, e rilanciando sulla propria innocenza: «Debbo difendermi da accuse infamanti senza essere mai stato sentito, nonostante più volte lo abbia chiesto attraverso i miei legali. A me interessa chiarire la mia posizione, se i magistrati mi avessero dato questa possibilità, lo avrei fatto». Quanto alle Regionali del 2010 in Campania: «Non sarà un pentito che deciderà il mio destino. La mia candidatura rimane in campo e su questa devono esprimersi il Pdl e il presidente Berlusconi».
I «no» allarresto sono stati 11: Pdl e Lega compatti, cui sè aggiunto il voto di un esponente dellUdc. I «sì», invece, sono stati 6: 4 del Pd, uno dellIdv e uno dellUdc che, fedele alla politica dei due forni, sè spaccata: per larresto lonorevole Pierluigi Mantini, per il «no» il collega di partito Domenico Zinzi. Crepe anche nello schieramento piddino visto che il deputato radicale eletto nel Pd Maurizio Turco sè astenuto. Lassente Bruno Cesario, invece, fresco di trasloco dal Pd alla nuova casa di Francesco Rutelli, accusa gli ex compagni: «Il Pd aveva già deciso di dire sì allarresto prima ancora che Cosentino fosse ascoltato dalla Giunta». La cui delibera ora approderà in assemblea entro il 10 dicembre.
Un altolà ai magistrati? Il procuratore di Napoli Giandomenico Lepore lo esclude: «Non è affatto una sconfitta ma soprattutto non è un blocco alle indagini che su Cosentino continuano». E ancora: «Ci dobbiamo attenere alla decisione del Parlamento, che rispettiamo. Noi e il Parlamento abbiamo ruoli diversi ma questo non ci impedisce di proseguire negli accertamenti. Se troveremo elementi bene, altrimenti ci fermeremo». La sinistra protesta, dimenticando che quando nelle grane giudiziarie era finito il proprio deputato Salvatore Margiotta, dicembre del 2008, pure il Pd negò la richiesta di arresto da parte delle toghe lucane. Anche in quella occasione, solo Idv, ultras a prescindere delle Procure, votò a favore delle manette. Ma nel Pd cè anche chi si distingue. Lastensione del deputato radicale Maurizio Turco è stata così motivata: «Mi sono astenuto per avere la possibilità di presentare una relazione di minoranza e poter intervenire in Aula con un tempo congruo». Poi, nel merito: «Riproporrò la requisitoria sulle mancate indagini in merito alle parole degli accusatori del collega Cosentino». Di fatto, per Turco, non bastano le gole profonde per chiedere larresto.
Chi invece sbraita è Antonio Di Pietro: «Lassoluzione di Cosentino da parte del Parlamento è una vergogna per gli italiani. La casta si è nuovamente autoassolta». La risposta non sè fatta attendere: per il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi (Pdl) «la reazione scomposta di Di Pietro dimostra non solo lo scarso rispetto del leader Idv nei confronti del Parlamento ma anche che è necessaria una riforma della giustizia che ristabilisca le giuste distanze tra politica e magistratura». Graffiante il collega di partito Giorgio Stracquadanio: «Solo la clamorosa ignoranza del diritto costituzionale, materia del primo anno, può portare a dire che respingere unautorizzazione allarresto equivale a una assoluzione. Ma chi gli ha dato la laurea in legge?».
In serata, il Senato sè invece espresso su due mozioni che chiedevano le dimissioni di Cosentino. Per il Pdl una linea sola: attenzione a non trasformare lItalia nella Repubblica dei pentiti, con le parole del capogruppo Gaetano Quagliariello.
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