Michele Boschi
da Milano
A Parma tutto è pronto per limportante assemblea di martedì (in seconda convocazione), chiamata a votare il futuro della Parmalat targata Bondi. Per loccasione sono attesi centinaia di ex-obbligazionisti, che potranno finalmente far valere quelle (poche) azioni recuperate dalla conversione dei propri prestiti finiti in default. Lauditorium Paganini e unaltra struttura creata appositamente saranno il luogo dove oltre mille persone potranno seguire la riunione ed esprimere le proprie preferenze.
A questo proposito sorprese sono improbabili. La lista da votare è, infatti, una sola: quella promossa da Lehman Brothers insieme a un gruppo di fondi esteri (compresi hedge e distressed fund) che, peraltro, hanno ufficialmente comunicato di essersi accordati con un patto parasociale sul deposito della lista e sullesercizio del diritto di voto. Laccordo risale al primo novembre e scadrà automaticamente al termine dellassemblea. Questi investitori possono contare complessivamente sull8% del capitale, cui si deve probabilmente aggiungere un ulteriore 2% di altri fondi internazionali. Dunque, un 10% circa, che non è molto, ma che sarà comunque più che sufficiente a garantire lelezione degli 11 membri del consiglio di amministrazione, di cui 6 indipendenti, con la nomina di Raffaele Picella a presidente e del commissario straordinario Enrico Bondi ad amministratore delegato.
Possibili ostacoli al cammino di Bondi nella nuova Parmalat sarebbero potuti arrivare dalle banche, nella scomoda posizione di azionisti e rivali nei contenziosi giudiziari. Ma, nonostante le tensioni per le revocatorie miliardarie (circa 7-8 miliardi le richieste complessive), nessun istituto è riuscito a presentare una lista antagonista a quella di Lehman.
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