Maria Luisa Bressani
Parodi e gli antichi mestieri è un volumetto di memoria sulle antiche attività manuali di questo Borgo dellOvadese; oggi ha 850 abitanti, in prevalenza agricoltori dediti alla viticoltura con produzione di squisiti Cortese e Dolcetto.
Sito su una collina a 330 metri sul livello del mare, alle spalle di Genova, anticamente la sua posizione era strategica per il controllo di movimenti e traffici perché sulla via che superando lAppennino da Praglia verso Marcarolo scendeva sulla pianura alessandrina. Domina la valle dellAlbedosa (affluente dellOrba), il cui difficile deflusso aveva costituito una palude: il nome Parodi deriva infatti da Palode e la palude fu bonificata dai monaci che fondarono San Remigio nellXI secolo.
Parodi è il cognome più diffuso del Genovesato a testimonianza di un rapporto millenario. A Genova, nei secoli XIV e XV, Parodi diede tre dogi della famiglia Guarco (il cui quattrocentesco palazzo accoglie il visitatore) e il legame si rafforzò nel XVI secolo con il doge genovese Andrea Doria. Da allora seguì le vicissitudini genovesi durante la Repubblica Democratica Ligure (1797), le annessioni alla Francia (1803) e al Regno di Sardegna (1815). «Fu staccato da Genova nel 1859 dal ministro Urbano Rattazzi che laccorpò alla Provincia di Alessandria, perché voleva fare più grande la sua città natale - puntualizza Franca Guelfi, autrice del prezioso volume -, ma volle conservare orgogliosamente nella denominazione laggettivo Ligure a ricordo del legame con la Liguria».
Guelfi che allattivo ha lunga esperienza di direttrice delle Guide di Italia Nostra ha elaborato le schede descrittive dei mestieri: sono cammei «scientifici» per accuratezza dindagine.
Il libro, curato da Bruno Merli, vicesindaco di Parodi, è stato pubblicato per il decennale della Festa dei Mestieri Antichi in memoria di don Vito Olivieri che lideò.
LEditore Mauro Traverso, con il contributo della Provincia di Alessandria, ne ha stampato mille esemplari numerati (reperibili presso il Comune, tel.: 0143681105).
In questa Festa la gente del Borgo, nelle sere del primo sabato e domenica di agosto, nei panni di Figuranti ripresenta la propria antica quotidianità. «Se negli ultimi anni molti Paesi hanno allestito un piccolo Museo dedicato al loro territorio, Parodi ha messo in vetrina - spiega Guelfi - non oggetti muti, attrezzi in disuso, ma lo straordinario patrimonio conservato dalle mani e dagli uomini, lagile e pronta manualità di chi intride la farina, batte il ferro, fila la lana». La recita attrae molti turisti anche perché davvero suggestiva e daltra parte Parodi Ligure è terra dartisti di ieri e di oggi: Giovanni Carlone dipinse nella Chiesa di San Remigio la «Resurrezione di Lazzaro» capolavoro della sua maturità; a Parodi è nato Giuliano Montaldo, regista di «Sacco e Vanzetti».
Per gustare il pregio della pubblicazione basta riproporre qualche passo delle schede a cominciare dalle prime che descrivono come ci si riforniva dacqua (tirandola a mano dai pozzi perché l'acquedotto arrivò solo nel 1960) o come si accendeva il fuoco per cucinare e scaldarsi. Il fuoco, attivato con rametti, i pugasse detti così da pugò (potare) e presi dalla potatura delle vigne, veniva alimentato con i sciappe (legni dacacia) o la più bella fiammata si faceva con le carasse, pali ricuperati dalle vigne. I tizzoni servivano per arroventare i ferri da stiro o il preve, lo scaldino per il letto.
Per ogni mestiere descritto unumile poesia salza da queste pagine. Il lavoro del ciabattino, u savatei, viene così raccontato: «Forse le scarpe erano poche e prevalevano le ciabatte, ma cerano anche i broccheinni, quegli scarponi da lavoro resi antiscivolo dalle brocche, i grossi chiodi che costellavano la suola e ne prolungavano la durata...»
Rivediamo mestieri ormai ignoti e ogni scheda è accompagnata dalla foto di un Figurante intento allopera: ci sono u strapuncè, il materassaio che confezionava sacconi ripieni di role (foglie della pannocchie di granoturco), u scapei (la calza) che mostra una donna intenta a confezionarla con quattro ferri da maglia senza capocchia, e lamulitta (larrotino) e ei careghè (il seggiolaio)...
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