Parole di coccodrillo Quanta retorica per un uomo che non la sopportava

Siccome siamo in un’epoca di entusiasmi, quando la circostanza fa davvero la differenza, a disposizione, non ci resta che la retorica. E siccome la morte di Raimondo Vianello è stata una di quelle circostanze, è andata a finire che, per omaggiare il re dell’antiretorica, si sono sprecati fiumi di retorica. Per lui che s’è tenuto lontano da questo veleno per tutta la vita. E va bene che le pagine si è chiamati a riempirle anche con argomenti di cui non sempre si è convinti, va bene che il rigaggio lo si concede anche a personaggi di dubbio interesse, e allora, il giorno in cui Vianello abbandona questa valle di compromessi, bisognerà pur far vedere che ad andarsene è stato un grande, bisogna pur calcare sull’acceleratore: destinazione differenza, appunto. Solo che per rimarcarla non ci resta che l’enfasi. Certi momenti sono tavole imbandite per gli animali che siamo.
Così è andata a finire che, con i residui di singhiozzi in gola, c’è stata la corsa all’oratoria il giorno in cui a Raimondo si è chiuso l’avvenire. A fronte del necrologio quasi bianco della moglie, Sandra Mondaini, che recitava, recensendo Vianello nel migliore dei modi: «Raimondo non c’è più. Sandra». Manco se lo fosse scritto da solo. Invece sulla carta stampata e non solo su quella, la parola «maestro» si è sprecata, come pure «stile» e «naturale eleganza» sono stati altri must abusati mica male, per non parlare del «dolore della moglie Sandra, alla quale gli italiani oggi sono affettuosamente vicini». «Le prime parole che vengono in mente per definire Raimondo Vianello non riguardano il suo mestiere ma la sua persona: signorilità, garbo, finezza» recitava il Corriere della sera.
E poi ancora: «Nessuno come lui ha tentato di volgere al riso ogni contingenza, ha usato l’ironia come prezioso lenimento... ha cercato di far capire agli spettatori che il gioco del calcio è, prima di ogni altra cosa, un gioco». Oppure, sempre sullo stesso giornale: «Il calcio come dovrebbe essere: una cosa seria ma divertente, indispensabile ma leggera, giovane ma per sempre. Così Raimondo Vianello ha provato a mostrarcelo in tv con Pressing, fra il 1991 e il 1999. Una via alternativa e vincente, una delle migliori mai viste nel Paese dove calcio e sorriso non sono mai andati d’accordo».
Oppure Repubblica, con la sua lettura veltroniana-chic della tv in bianco e nero (peraltro condivisibile) che Raimondo ancora ricordava: «Elegante è stata tutta, o quasi, quella leva di attori nata negli anni Venti... Era un timbro, quello, d’epoca e di generazione, molto aiutato anche dalla sobrietà intrinseca nella tivù in bianco e nero». E l’assoluzione per la sua tardiva dichiarazione di voto: «Il suo outing quasi senile in favore di Berlusconi preludeva a una sorta di prepensionamento artistico, con la compagna di vita e d’arte Sandra Mondaini: come per sancire che casa e bottega erano ormai quelli, e amen». E anche, sempre il quotidiano di Ezio Mauro: «Raimondo Vianello (senza farsene accorgere) è stato quel “grande satirico di destra” del quale la destra invoca inutilmente l’avvento, senza accorgersi che già ne esisteva uno... Di destra per quel cinismo sorridente, per quella ilare sfiducia nel progresso umano...».
E poi La Stampa: «Raimondo Vianello non c’è più e con lui davvero si chiude una grande stagione di tv, la televisione dei pionieri della Rai del monopolio ma anche di quella commerciale...». Ancora: «...Ma la sua signorilità non viene scalfita... Vianello dirada l’attività televisiva ma non la annulla completamente.

Sta attento, come sempre è stato, alla vita privata, sostiene la moglie e lei sostiene lui. “Che barba, che noia”, che classe». Ecco fatto, per eccesso d’affetto, il ricordo di Raimondo stortato in tutta la sua altezza.

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