Gentile Direttore,
sono un giovane prete del Trevigiano e le scrivo queste poche righe per dirle tutta la mia ammirazione per la popolazione del Comune di Riese Pio X, specialmente la gente della frazione di Vallà, colpita duramente dalla violenta tromba d'aria dello scorso 6 giugno. La mia ammirazione e solidarietà scaturisce dal vedere come questa gente si è rimboccata le maniche e, senza attendere tempo, inutili burocrazie e senza ipocriti piagnistei, sta ricostruendo un paese che sembrava appena uscito da una guerra civile. Mi è capitato di passare in auto più volte nella frazione di Vallà e non le nascondo che in due occasioni mi sono venute le lacrime agli occhi. Non tanto per vedere case divelte, coltivazioni distrutte; bensì mi sono commosso nel vedere che solamente dopo qualche giorno da quella calamità naturale tutte le case avevano già i ponteggi attorno, i tetti erano già coperti con teli di nailon (o simile materiale). Ma soprattutto mi sono commosso perché la gente che lavorava sopra i tetti e i ponteggi erano gli stessi proprietari delle case. Lavorano di notte, con fanali elettrici accesi, dopo le canoniche otto ore di lavoro in fabbrica o in ufficio.
Questa gente si è organizzata in una catena di solidarietà lodevole: gli uomini e i giovani al lavoro, le donne a preparare i pasti (dove era possibile) per tutti. Questo accade specialmente nei fine settimana. Io mi sono commosso per questa intraprendenza, per questo amore che ho visto per la nostra terra e i nostri paesi! Questa è la gente del Nord-Est, troppo spesso criticata perché pensa solo al lavoro, troppo spesso invidiata perché da noi ci sono precisione e pulizia, troppo spesso etichettata come poco accogliente perché esige rispetto e ordine.
Tanti, a cominciare dai politici, hanno promesso aiuti. Arriverà mai un aiuto? Io certo non lo so, ma non è questa la cosa principale: quello che è certo è che il Comune di Riese, specialmente il paesino di Vallà, lo stanno ricostruendo i loro stessi abitanti. Che ci siano o meno gli aiuti dello Stato, loro hanno cominciato e lo stanno ricostruendo, come ci hanno insegnato a lavorare i nostri nonni. Non è vero perciò che dietro a tanto lavoro e passione c'è solo l'interesse di far soldi. C'è un grande senso di responsabilità e del dovere che rende la mia gente degna di chiamarsi «popolo di Dio», e degna di essere servita anche da me (per quel che mi compete come pastore). Un grazie lo devo a questa gente per la loro testimonianza di amore e carità.
- Montebelluna (Treviso)
Questa lettera arriva dal Nord-Est, un pezzo dItalia che spesso si sente dimenticato e bistrattato, vittima di pregiudizi. È quella gente, come ricorda lei, don Devid, accusata troppo spesso di pensare solo agli sghei. Mi piace lorgoglio con il quale lei parla dei suoi parrocchiani. Mi piace la dignità di chi si rimbocca le maniche e reagisce alla disgrazia. Mi piace nel Nord-Est, come mi ha emozionato quando ascoltavo le parole degli abruzzesi, il giorno dopo il terremoto. Sono convinto che gli italiani valgano di più di certi politici.
Un parroco ci segnala la dignità del Nord Est colpito dalla tromba daria
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