Roma

«Il parroco sa, perché non parla?»

Igor Traboni

da Arce (Frosinone)

«Il parroco di Arce sa chi ha ucciso la mia Serena. Qui in paese lo sanno tutti che lui è a conoscenza di molte cose sull’omicidio di mia figlia. Ma lui non vuole dire nulla, continua a trincerarsi dietro il segreto del confessionale. Noi non ne possiamo più del suo comportamento, per questa e altre vicende. Perciò se ne deve andare da Arce, deve lasciare in pace me e tutti i miei compaesani».
Sono parole di fuoco, queste, pronunciate da Guglielmo Mollicone, il papà di Serena, la studentessa di 18 anni trovata morta quattro anni fa in un bosco della Ciociaria. Un delitto ancora irrisolto, dopo che è stato assolto il carrozziere Carmine Belli, l’unico indagato per questa storia.
Parole di fuoco che Guglielmo Mollicone ha rivolto all’indirizzo di don Antonio Sacchetti, parroco di Arce, accompagnandole con una petizione popolare per mandar via il sacerdote dal paese. E Guglielmo mostra i fogli già pieni di firme, in calce alla richiesta di allontanare don Antonio da Arce, una petizione che fa bella mostra nella cartoleria gestita da questo maestro in pensione, a poche centinaia di metri dala chiesa parrocchiale curata proprio da don Antonio, quella stessa chiesa dove quattro anni fa migliaia di persone salutarono per l’ultima volta la povera Serena.
«Adesso è davvero troppo, don Antonio deve andarsene via. Questa petizione la manderemo anche al vescovo di Sora, perché prenda provvedimenti immediati. Tanti altri preti dei paesi qui attorno sono stati trasferiti solamente perché non legavano con la popolazione, devono fare lo stesso con don Antonio, perché non ne possiamo più. Neppure davanti all’omicidio di una ragazzina di 18 anni ha deciso di comportarsi correttamente, raccontando quello che sa».
Don Antonio anche ieri passeggiava tranquillamente per le strade di Arce, dove è parroco da più di venti anni. È un prete vecchia maniera, abito talare lungo, la chiesa sempre aperta per le funzioni devozionali, processioni con i santi e qualche iniziativa per i giovani, a cominciare da quel coro di cui faceva parte anche Serena Mollicone.
Accetta di rispondere alle accuse di Guglielmo: «Sono rimasto sbalordito, e anche parecchio amareggiato. Non è vero nulla, io non so niente dell’omicidio di Serena, non ho mai saputo niente. Certo, ho il segreto del confessionale da rispettare, ma nessuno è mai venuto da me per raccontarmi qualcosa di quell’omicidio. Non so perché Guglielmo Mollicone si comporti in questa maniera. Ogni tanto se la prende con qualcuno. Prima era pronto a giurare che l’assassino fosse Carmine Belli. E adesso, dopo l’assoluzione del carrozziere, ha deciso di prendersela con me. Ma io, lo ripeto ancora una volta, non so davvero chi possa aver ucciso Serena».
Il paese, intanto, si spacca a metà, tra quanti vedono in don Antonio una sorta di istituzione, non solo religiosa, e quanti invece ne additano i comportamenti non sempre irreprensibili (don Antonio di recente è stato anche coinvolto in un’inchiesta della Procura di Cassino per truffa nei confronti della Comunità Europea, per alcuni aiuti alimentari destinati alla Caritas, transitati proprio attraverso la parrocchia, e poi ritrovati in un agriturismo del posto).
Dalla Curia di Sora, invece, nessuna dichiarazione ufficiale e tanto meno dala Procura di Cassino e dalla Squadra Mobile di Frosinone, titolari di un’inchiesta di fatto riaperta dopo l’assoluzione dell’unico indagato.

Ma che da mesi sembra finita in un vicolo cieco.

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