Parte il risiko delle nomine Spunta l’outsider Morcone

Lo sprint del dalemiano, ex prefetto di Arezzo. Cavaliere è il nuovo vice di De Gennaro: catturò Provenzano e smantellò le Brigate rosse

da Roma

Quando il ministro dell’Interno ha aperto le danze per la sostituzione di Gianni De Gennaro («se il mandato del presidente della Repubblica è di sette anni, non è pensabile che possa durare di più quello del capo della polizia») automaticamente è partito il gran ballo per «ringiovanire» la polizia. Finora l’unico, vero, consenso bipartisan sulle nomine del Viminale converge su Nicola Cavaliere, ex direttore di quel Dipartimento anticrimine centrale (Dac) che ha coordinato la cattura di Bernardo Provenzano. «Nick» è stato promosso vicecapo della polizia anche per svariati meriti operativi, non ultimo lo smantellamento delle Br-Pcc a opera della «sua» Digos di Roma. Predestinato alla poltrona più ambita sembrava essere Alessandro Pansa, vice e braccio destro del «capo», invece spedito a rischiarsela per due anni nell’inferno di Napoli dove sarebbe dovuto andare il prefetto Giuseppe Pecoraro, poco gradito al presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino. Ad Alessandro Pansa non avrebbe giovato un verbale della segretaria di Giuliano Tavaroli sui rapporti Viminale-Telecom oltreché un particolare attivismo che, di contro, avrebbe dato forza allo stakanovista Antonio Manganelli, poliziotto doc, amatissimo dalla base.
Problemi di natura «politica» potrebbero sorgere per la nomina al Dac di un altro grande poliziotto, Franco Gratteri, imputato per i fatti del G8 di Genova, promosso questore per meriti straordinari dopo l’arresto di Provenzano.
Più complicate da inquadrare le promozioni del questore di Milano, Paolo Scarpis (ora direttore generale di pubblica sicurezza), e del prefetto Giuseppe Procaccini che da vicecapo della polizia passa a dirigere il «Dipartimento per le politiche del personale dell’amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie». De Gennaro, dopo aver incassato l’imposizione governativa di un suo giovanissimo pupillo al Sisde (l’ottimo Franco Gabrielli ha bruciato sul filo di lana il prefetto Luigi De Sena a cui solo la notte prima dell’annuncio ufficiale era stata assicurata la nomina), brinda al passaggio alla Sicurezza del Quirinale del vicedirettore del Sisde, Nicola Di Giannantonio, vicecapo di gabinetto del prefetto Ferrante ai tempi del «ministro» Napolitano. La scalata di Gabrielli ha sparigliato il turnover dei «prefetti» classici che provano comunque a esser della partita.
Al di là dei soliti noti (a cominciare da Carlo Mosca, Achille Serra è definitivamente out) chi sembra scaldare davvero i muscoli per il vertice della polizia è Mario Morcone, responsabile del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, uno che ha bruciato le tappe diventando, grazie a D’Alema, prefetto di Arezzo a soli 47 anni. Ex capo della segreteria dell’allora ministro Nicola Mancino (il suo nome spuntò marginalmente nell’inchiesta sui fondi neri del Sisde), già nell’ufficio gabinetto nel 1984 con Scalfaro al Viminale, un passaggio come capo segreteria del premier De Mita (aprile ’88), Morcone è assai stimato nell’Unione.

È reduce da un’esperienza nei pompieri criticata da tutti i sindacati ma la manifestazione del settembre 2003 con la figlia del presidente cileno Salvator Allende a cui donò l’elmo dei vigili del fuoco, è un ricordo che oggi piace a chi, nel governo, critica De Gennaro, pone veti su veti, spinge per una commissione d’inchiesta in onore di Carlo Giuliani.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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