Con l'avvento dei tecnici alla macchina, stiamo rivedendo come in una sigla di chiusura il riassunto della storia precedente: la crisi economica e la disperazione sociale del tempo di guerra, il qualunquismo arrabbiato degli anni quaranta, reinterpretato da Grillo, la partitofagia del passato, la contestazione e la tensione sociale di fine anni Sessanta, il terrorismo e la violenza degli anni di piombo, il consociativismo degli anni Settanta, l'attacco ciclico al fisco, il burlesque da Drive degli anni Ottanta e del più recente passato berlusconiano, il marasma di fine Repubblica e Mani pulite dei primi anni Novanta, più una serie di faccine ricordo dei protagonisti di quest'ultimo ventennio che vorticano nel gorgoglio finale del film: eccoli, Fini, Rutelli, Casini, Bossi, Amato, D'Alema, Bersani ecc. nelle comiche finali. Il tecnico del montaggio del film-vintage non a caso si chiama Monti.
A conferma del revival c'era ieri una notizia che leggo da trent'anni: il manifesto sta chiudendo. Il primo impulso è di solidarizzare, come altre volte.
Poi mi ricordo che vent'anni fa in tv da Costanzo fui solidale con loro ma chiesi ai cofondatori presenti sul palco se avessero solidarizzato con un giornale di destra in crisi. La risposta secca fu No .
Non un giornale specifico, su cui magari potevano esserci riserve, ma tutta la stampa di destra, per una pregiudizio etnico e ideologico che reputo incivile.Ma che siamo davvero alla sigla di chiusura di un'epoca lo dimostra il fatto che questa volta, dicono, il manifesto chiude sul serio.
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