Oggi il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano deciderà quale strada imboccherà la crisi. La decisione del Capo dello Stato è davvero difficile e gravida di conseguenze. Siamo di fronte a una fase drammatica, non il travaglio di un singolo partito o dell’esecutivo, ma la crisi acuta di una cultura politica e di un sistema. La cultura è quella mostrata dal centrosinistra in soli 281 giorni di governo, il sistema è quello del bicameralismo perfetto e del bipolarismo imperfetto. È uno scenario che ha origini lontane e gli errori dell’Unione non sono solo quelli dell’era Prodi. Il governo infatti è figlio dell’incesto tra un riformismo incompiuto e un massimalismo distruttivo che ha dominato l’opposizione e impedito qualsiasi dialogo sulle riforme costituzionali durante i cinque anni del governo Berlusconi.
Oggi si raccolgono i cocci e Napolitano si trova davanti a un rebus: rinviare il governo Prodi alle Camere come gli chiede a gran voce - e quasi gli impone - il centrosinistra, cercare un’altra soluzione istituzionale o - ipotesi puramente teorica - sciogliere le Camere.
Sul rinvio del governo Prodi alle Camere ci permettiamo di esprimere qualche dubbio. Il ministro degli Esteri Massimo D’Alema pochi giorni fa dichiarava: «Senza una maggioranza autosufficiente in politica estera, andiamo tutti a casa». Sono parole che impegnano politicamente. Non si può fallire in una verifica così seria e pretendere un esame di riparazione per tornare al potere tali e quali a prima, come se niente fosse successo.
Durante le consultazioni il centrosinistra ha assicurato a Napolitano di disporre dei voti sufficienti ad ottenere la fiducia al Senato. Quali voti? I voti del centrosinistra «allargato»? O quelli di una coalizione che sta in piedi grazie alla stampella dei senatori a vita? In un caso e nell’altro ci troviamo di fronte non a una maggioranza politica ma a qualcosa di innominabile. Raramente si è assistito a un così indecoroso tentativo di mercanteggiare voti, a uno stravolgimento così grave delle regole del gioco: il Parlamento trasformato in «suk» e i senatori a vita usati come pedine della maggioranza. È una strategia del «tutto per tutto» di brevissimo respiro. Ci stupiamo che politici consumati come Massimo D’Alema e Piero Fassino si prestino a un disegno così modesto e alla fine perdente. In queste condizioni, il Prodi bis - ammesso che abbia la fiducia a Palazzo Madama - sarà un governicchio, destinato a durare fino a quando il Turigliatto di turno non deciderà di farlo cadere.
Il presidente Napolitano, garante supremo degli interessi generali del Paese, queste cose le sa.
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