Ieri, di ritorno dalla missione a Bucarest, Veltroni ha concesso qualche anticipazione: «Non è tempo di sogni ma di risposte», e lui si prepara a «dire con molta umiltà quello che penso», a proporre la sua «visione su cosa deve essere questo Paese, un tema che mi appassiona da tanti anni». Assicura di non essere «nervoso», ma «sereno e ottimista», e si augura di «dormire stanotte».
L’attesa, almeno tra gli addetti ai lavori della politica, è spasmodica. L’evento è assicurato: dirette televisive a reti unificate (al ds romano Esterino Montino, però, non bastano quelle già previste: «Anche Mediaset deve trasmettere un evento di tale rilevanza», tuona), stuoli di inviati-aedi pronti a calare come cavallette sotto la Mole, sondaggi mirabolanti sui giornali. «La libertà di stampa è momentaneamente sospesa», ridono amaro al Botteghino, dove né a Fassino né a D’Alema, pur ossessivamente attenti alla stampa, è mai riuscito il miracolo unanimistico di Veltroni. «Walter santo-subito», ironizza un grande vecchio della sinistra come Emanuele Macaluso, che guarda con un certo distaccato scetticismo alle attese «miracolistiche» che sembrano pervadere gran parte del centrosinistra, ora che ha deciso di calare sul tavolo il suo asso. La sua carta migliore, che però è anche l’ultima.
Veltroni è il primo a saperlo, e a sapere che gli tocca giocarsi - molto prima di quanto fosse nei suoi piani - la partita della vita. Ed è una partita difficile: Ds e Margherita attendono per venerdì prossimo i sondaggi riservati e reali (non quelli che si leggono sui giornali in questi giorni) sullo spostamento prodotto dalla scesa in campo del sindaco. Quelli che circolano nel centrodestra dicono che un effetto-Walter c’è stato, e la distanza tra i due poli si è accorciata di un punto. Ma ne restano ancora ben undici da recuperare. E il problema è per quanto tempo l’effetto novità possa durare, e soprattutto convivere con il logoramento del centrosinistra di governo. Il che fa pensare a molti che «a Walter convenga giocarsela prima possibile», come dice il rutelliano Roberto Giachetti. Un’idea che anche il ministro Paolo Gentiloni sembra sotto sotto suggerire: «Veltroni deve guardarsi dai pastoni dei tigì, non deve finire nella baruffa quotidiana dei partiti: deve essere capace di imporre la sua agenda».
E quell’agenda potrebbe prevedere elezioni anticipate alla prossima primavera, anche se Piero Fassino (che domani sarà l’unico leader di partito presente a Torino) cerca di esorcizzare lo scenario: «Non abbiamo interesse ad alimentare ipotesi di elezioni anticipate al 2008». Romano Prodi, che si prepara a «vendere cara la pelle», come dicono i suoi, non nasconde troppo l’irritazione per il modo in cui la valanga-Walter si è messa in moto. «Non sono assolutamente d’accordo che l’avvio della sua candidatura coincida con il tramonto del mio governo», afferma.
E assicura: «Le primarie saranno una bella gara, penso che ci saranno più candidati». In casa Ds sono convinti che il premier sia tra i principali sponsor di candidature antagonistiche, come quelle di Pierluigi Bersani ed Enrico Letta. I due ci stanno ragionando, e coltivano l’idea di coagulare nel Pd una propria area di consenso, ma non hanno ancora deciso cosa fare. Anche perché il pressing del partito sul ministro ds perché non rompa il fronte interno è fortissimo. Ieri da Fassino è arrivato un esplicito altolà: «Bersani e Letta sono due risorse che possono concorrere, insieme a me e ad altri, a una lista di unità riformista larga». A sostegno di Walter, naturalmente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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